giovedì 31 dicembre 2015

FONDO STRAORDINARIO EX ART. 30, COMMA 7, DELLA LEGGE REGIONALE N. 5/2014 CONFERENZA REGIONE ‐ AUTONOMIE LOCALI 29/12/2015

FONDO STRAORDINARIO EX ART. 30, COMMA 7, DELLA LEGGE REGIONALE N. 5/2014 CONFERENZA REGIONE ‐ AUTONOMIE LOCALI 29/12/2015

Riparto delle assegnazioni 2016 a norma vigente (disponibilità 80.891.000,00 euro)

https://drive.google.com/file/d/0B8foPgt9vhLQRGpqNS1fQ0VqRWtkVzZEZXE5eWphZm5LUkVv/view?usp=sharing







Fonte: CONFERENZA REGIONE ‐ AUTONOMIE LOCALI 29/12/2015




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giovedì 24 dicembre 2015

Amministrazioni: assunzioni, via libera dalla Corte Costituzionale - Corte Costituzionale, sentenza 1 – 22 dicembre 2015, n. 272

Un'altra sentenza storica della Corte costituzionale alle limitazioni delle stabilizzazioni dei rapporti di lavoro precario nella PA.
La Corte costituzionale in sintonia con la giurisprudenza costituzionale sovranazionale della Corte di giustizia dell'Unione europea contro l'abuso del lavoro flessibile nella PA laddove alimenta il fenomeno del precariato pubblico.

In Sicilia con le proroghe illegittime dei contratti a tempo determinato negli Enti Locali ed Istituzionali della Regione cadono gli alibi contro questa forma di abuso di Stato che dura da quasi 27 anni.
È un vero Buon Natale per tutti i dipendenti precari e lavoratori ASU siciliani.

Dott. Gaetano Aiello



Dott. Gaetano Aiello - La sentenza del 1 dicembre 2015 n. 260 della Corte costituzionale apre una voragine sul divieto di conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato nel pubblico impiego.
Corte Costituzionale, sentenza 1 – 22 dicembre 2015, n. 272
Presidente Criscuolo – Relatore De Pretis
Sentenza
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La sentenza

Corte Costituzionale, sentenza 1 – 22 dicembre 2015, n. 272
Presidente Criscuolo – Relatore De Pretis
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La sentenza

Corte Costituzionale, sentenza 1 – 22 dicembre 2015, n. 272
Presidente Criscuolo – Relatore De Pretis
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Presidente Criscuolo – Relatore De Pretis
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LA SENTENZA:
Corte Costituzionale, sentenza 1 – 22 dicembre 2015, n. 272
Presidente Criscuolo – Relatore De Pretis



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mercoledì 23 dicembre 2015

Art.15 della bozza di legge di stabilità finanziaria regionale - "Disposizioni in materia di personale precario" - deliberata dalla giunta ed inviata in II Commissione bilancio all'Ars

Disposizioni in materia di personale precario

1.   All’articolo 30 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5, sono
apportate le seguenti modifiche:

- al  comma 3 le parole “di cui al comma 9 bis” sono sostituite con le
parole “di cui ai commi 9 e 9 bis” e le parole “31 dicembre 2016” sono sostituite con “31 dicembre 2018”.

-    il comma 2 è sostituito dal seguente:
“2. La riserva di cui al  comma 3 bis dell’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applica ai soggetti inseriti nell’
elenco di cui al comma 1, con diritto di precedenza per i soggetti utilizzati dall’ente che procede all’assunzione".

- dopo il comma 12 sono inseriti i seguenti commi 12 bis, 12 ter, 12 quater, 12 quinques:

“12 bis. Entro il 30 giugno 2016 ciascun ente territoriale approva il piano triennale delle assunzioni di cui al comma 1, da effettuare in ciascuno degli anni  2016, 2017 e 2018, tenuto conto degli spazi assunzionali disponibili in ciascuna annualità. Il piano  triennale è trasmesso entro 15 giorni dalla approvazione all’Assessorato regionale per le autonomie locali la funzione pubblica e il personale.

12 ter. Per le  stabilizzazioni previste nel piano di cui al comma 12 bis, concluse entro il 31 dicembre 2018, sono confermate, anche nei confronti degli enti diversi da quelli di provenienza dei soggetti stabilizzati, le misure finanziarie previste ai commi 7 e 9, fino ad un massimo di dieci anni  e comunque non oltre la data di cessazione del rapporto di lavoro.

12 quater. Il contributo di cui al comma precedente è pari, per ciascun soggetto assunto a tempo indeterminato,  all’ottanta per cento del contributo pro capite calcolato  con riferimento all’anno precedente a quello della stabilizzazione.

12 quinques. Per gli enti che non concludono le procedure concorsuali entro il 31 dicembre dell’anno successivo al verificarsi dei presupposti per la stabilizzazione, il contributo pro capite di cui al comma precedente è decurtato di una percentuale pari al trenta  per cento per ogni anno di ritardo.
2. Al comma 4 dell’articolo 32 della legge regionale 28 gennaio 2014,
n.5 le parole “e fino al 31 dicembre 2016” sono sostituite con le parole “e fino al 31 dicembre 2018”.

Precari degli Enti Locali siciliani. Il bluff del contributo decennale.


Pubblichiamo la Tabella della previsione di spesa anno 2016 dell’Assessorato regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica relativa al Bilancio di previsione della Regione siciliana del 2016 e del triennio 2016-2018.

Per gli Enti Locali, nella Tabella allegata al Bilancio di previsione anno 2016 e pluriennale 2016-2018 della Regione, viene iscritta una previsione di spesa per il 2016 di quasi 81 milioni di euro.
E’ facile constatare, dalla semplice lettura, un notevole decremento nella previsione di spesa di quasi 100 milioni di euro,  rispetto alle previsioni definitive per l’anno finanziario 2015.

https://drive.google.com/file/d/0B8foPgt9vhLQNl84eWpDSGxmSUN4cjBkbm5xNmxDQWNXOFVv/view?usp=sharing

Fai clic sulla tabella per visualizzare scaricare e stampare.


Pertanto, da un analisi seria dei conti e senza la demagogia che da sempre avvolge morbosamente il fenomeno del precariato pubblico siciliano, viene fuori dalla forza dei numeri, che questo Governo regionale, anziché concentrarsi sulle proposte serie e concrete che già  sono depositate all’Ars da più di 18 mesi e al confronto concreto con il Governo nazionale per il superamento dei vincoli di bilancio e della riqualificazione dei rapporti di lavoro precario abusato oltre il limite massimo di 36 mesi, previsto dalla legislazione statale vigente in applicazione delle direttive europee in materia di lavoro a tempo determinato, preferisce prendere in giro non solo eccellenti e valorosi professionisti che lavorano sottopagati per lo Stato, ma anche i Sindaci e  le Istituzioni  locali siciliane.
Il Governo regionale, quindi, con la proposta di erogare un contributo decennale agli Enti Locali, che stabilizzano i rapporti di lavoro precario “abusati” per mezzo di una legislazione regionale illegittima, senza le indispensabili deroghe alla normativa  statale vigente in materia, per la specifica tipologia del fenomeno del precariato pubblico siciliano, alimenta anziché diminuire, il fenomeno del precariato nelle Pubbliche amministrazioni della Regione.
Ma perché nessuno degli attori istituzionali, coinvolti in questa triste vicenda, parla del più gigantesco abuso di Stato, che da 27 anni si consuma nella Pa siciliana?
Perché nessuno di questi attori, si chiede come mai lo Stato italiano consente addirittura alla Regione di poter legiferare proroghe illegittime, in violazione della Direttiva comunitaria n. 70/1999/CE del 28 giugno 1999, in materia di lavoro a tempo determinato negli Stati membri dell’Unione europea? In Sicilia, siamo o no in Europa?
A me sembra che si stia verificando lo stesso giochetto di ogni anno, e pensare che basterebbe leggere, senza pregiudizi di appartenenza ma solo con la verità dei numeri, il solito bluff dei Governi regionale e nazionale, che sui precari siciliani hanno già deciso.
La “vera” rivoluzione di cui ci parla sempre il nostro caro Presidente, adesso è che lo capiscano i dipendenti precari e i lavoratori asu siciliani. Buone feste a tutti.

                                                                                               Dott. Gaetano Aiello



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martedì 22 dicembre 2015

Comuni, tagli a chi non stabilizza precari

MANOVRAGiornale di Sicilia

Non escluso l'esercizio provvisorio 
Comuni, tagli a chi non stabilizza precari

Dieci milioni in meno rispetto allo scorso anno per i comuni nella manovra approvata ieri sera dalla giunta Crocetta che ha stanziato 340 milioni di euro

PALERMO. Nonostante il governo Crocetta ieri sera abbia approvato la manovra finanziaria che contiene tagli per 400 mln di euro e si appresti a trasmetterla all'Assemblea regionale, considerando i tempi stretti per l'approvazione, entro la fine dell'anno al massimo i primi di gennaio, non è escluso il ricorso a un mini-esercizio provvisorio. Una soluzione, già in parte annunciata nei giorni scorsi dal presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone che più volte ha richiamato il governo al rispetto dei tempi.
"Tecnicamente possiamo approvare la manovra anche a gennaio", spiega Riccardo Savona (Forza Italia), deputato di lungo corso e componente della commissione Bilancio. "Ne ho parlato con l'assessore all'Economia Baccei - aggiunge - A gennaio la cassa della Regione è chiusa, c'è tutto il tempo di esaminare con calma la manovra, senza dover fare corse contro il tempo. Poi bisogna avere certezze sui 500 mln che mancano".
Tagli del 30% ai Comuni che non stabilizzano i precari. I Comuni che pur avendo le carte in regole non stabilizzeranno i precari, già in organico, nel triennio 2016-2018 subiranno un taglio del 30% dei trasferimenti. Lo prevede una norma della manovra finanziaria approvata ieri sera dalla giunta Crocetta. Per i comuni che assumeranno in pianta stabile i precari scatterà invece un incentivo di dieci anni. I comuni dovranno redigere un apposito piano entro giugno del 2016.
Per comuni taglio 10 milioni. Dieci milioni in meno rispetto allo scorso anno per i comuni nella manovra approvata ieri sera dalla giunta Crocetta che ha stanziato 340 milioni di euro. Ma per il governatore Rosario Crocetta la riduzione "sarà compensata dai tagli ai gettoni per amministratori e consiglieri comunali, che avverrà subito e non dopo le prossime elezioni amministrative, e che dunque arrecherà un beneficio per le casse comunali".
Crocetta: entrate vere no sovrastimate. "Nella finanziaria che abbiamo approvato ci sono entrate vere e non sovrastimate, anzi ci siamo mantenuti prudenti confidando nel fatto che saranno maggiori perché il Pil della Sicilia crescerà. E' una manovra che rimette ordine a una finanza regionale per molti anni scriteriata e demagogica e che raccoglie i frutti di tre anni di risparmi e di riforme". Lo dice il governatore Rosario Crocetta. Crocetta sottolinea che "con questa manovra i fondi per lo sviluppo non sono più destinati a coprire la spesa corrente ma a interventi strutturali in favore delle imprese e dei disoccupati".
"Con lo Stato intesa storica su entrate Statuto". "Abbiamo raggiunto - continua Crocetta - l'intesa politica col governo Renzi, adesso dobbiamo definire gli aspetti tecnici che ci condurranno alla soluzione definitiva per la revisione dell'accordo del '46 con lo Stato. Per la prima volta dal Dopoguerra saranno riconosciute alla Regione siciliana le entrate previste nello statuto, patto che finora non è stato rispettato. Chiuderemo l'accordo entro la primavera".
E con la manovra finanziaria, approvata ieri sera in giunta, secondo il governatore "si gettano le basi per una stabilizzazione pluriennale del bilancio della Regione, che sarà definitivamente riequilibrato dall'accordo con lo Stato che renderà strutturali le entrate in Sicilia".
Fonte: http://gds.it/2015/12/22/finanziaria-non-escluso-esercizio-provvisorio-tagli-ai-comuni-che-non-stabilizzano-precari_452620/?utm_medium=feed&utm_source=facebook.com&utm_campaign=Feed%3A+gds_facebook_feed

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PEPS - Comunicato stampa del 21 12 2015

https://drive.google.com/file/d/0B8foPgt9vhLQOFdiZzZteGZIVjlBdVlvRXoxWVp6dTJ5TXdr/view?usp=sharing



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domenica 20 dicembre 2015

Dott. Gaetano Aiello - Comunicato del 20 12 2015


Cari amici dipendenti precari e lavoratori ASU siciliani quello che cercano di fare passare per buono è spudoratamente vergognoso. 
Plaudire la proroga di un anno dei contratti a tempo determinato della pubblica amministrazione regionale da parte di svariati deputati siciliani di tutte le appartenenze e delle forze sociali tradizionali rasenta l'ignoranza Istituzionale che non vuole neanche affrontare il fenomeno del precariato pubblico siciliano per prevedere soluzioni concrete e strutturali. 

Siamo arrivati come prevedibile alla solita strenna natalizia. A questo punto occorre che tutti ci facciamo un vero esame di coscienza. Se è utile continuare così e se non invece per il nostro futuro lavorativo e pensionistico ormai non pensiamo seriamente di difendere gli interessi del lavoro con le iniziative legislative e giurisdizionali concrete che si cercano di portare avanti tra le tante diffidenze di chi non vuole anche tra i dipendenti precari e lavoratori ASU siciliani ribellarsi all'abuso di Stato che in Sicilia dura da 27 anni. 

Speriamo che quanto si è appena consumato in queste ore ai danni di eccellenti pubblici dipendenti venga superato dalla voglia di non morire di fame nella già prossima vecchiaia. Un po di orgoglio può bastare per evitare l'agonia della proroga illegittima di Stato che non rispetta neanche le leggi che esso stesso fa per i precari della pa italiana. 
Buone feste. 

Dott. Gaetano Aiello


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Avv. Sergio Galleano e Avv. Vincenzo De Michele - Azione legale contro l'abuso di Stato subito dai dipendenti a tempo determinato e dai lavoratori ASU in servizio negli Enti Locali ed Istituzionali della Regione Siciliana.

In allegato il protocollo spese legali per contenzioso contro lo Stato.


PRECARI







ASU
https://drive.google.com/file/d/0B8foPgt9vhLQN2twS2lBNlo2bGM/view?usp=sharing





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sabato 19 dicembre 2015

PEPS - Comunicato stampa del 18 12 2015


https://drive.google.com/file/d/0B8foPgt9vhLQSXRsSFdVek9DVEdMZHdTQjlMZmpVTTR0cTNn/view?usp=sharing



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lunedì 14 dicembre 2015

Dott. Gaetano Aiello - La sentenza del 1 dicembre 2015 n. 260 della Corte costituzionale apre una voragine sul divieto di conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato nel pubblico impiego.


Diritto alla Stabilizzazione in caso di abuso anche in caso di vizio genetico del contratto a tempo determinato nella PA.

La recentissima sentenza del 1 dicembre 2015 n. 260 della Corte costituzionale apre una voragine sul divieto di conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato nel pubblico impiego. 
La Corte afferma nella sentenza che estendere il divieto di conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato anche all'ipotesi di un vizio genetico del contratto a termine pregiudica un aspetto fondamentale delle tutele previste dall'Ordinamento ai rapporti di lavoro pubblico. 

Per questo motivo la Corte costituzionale rinvia a quanto previsto da due sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea che hanno valorizzato il ruolo della "ragione obiettiva" come mezzo adeguato a prevenire gli abusi nella stipula dei contratti precari come avvenuto invece per i dipendenti precari siciliani in servizio presso Enti Locali ed Istituzionali della Regione Siciliana (sentenza 26 febbraio 2015 e sentenza 26 novembre 2014). 

Pertanto i dipendenti precari siciliani dovrebbero ancora di più in questo momento storico sollecitare il Legislatore regionale e nazionale a mettere in campo una norma organica per affrontare il fenomeno del precariato pubblico siciliano ovvero chiamare in giudizio lo Stato italiano e anche la Regione Siciliana per aver consentito con la propria legislazione di non prevenire gli abusi dei contratti a tempo determinato in Sicilia. 


Dott. Gaetano Aiello



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Corte costituzionale - Sentenza 11 dicembre 2015, n. 260 - Diritto alla Stabilizzazione in caso di abuso anche in caso di vizio genetico del contratto a tempo determinato nella PA.


Corte costituzionale
Sentenza 11 dicembre 2015, n. 260

Presidente: Criscuolo - Redattore: Sciarra


[...] nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 40, comma 1-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98, promosso dalla Corte d'appello di Firenze nel procedimento vertente tra la Fondazione Teatro Maggio Musicale Fiorentino e M.M.G. con ordinanza del 18 settembre 2014, iscritta al n. 234 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53, prima serie speciale, dell'anno 2014.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 giugno 2015 il Giudice relatore Silvana Sciarra.
RITENUTO IN FATTO
1.- Con ordinanza del 18 settembre 2014, iscritta al n. 234 del registro ordinanze 2014, la Corte d'appello di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 40, comma 1-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98, prospettando la violazione degli artt. 3, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848.
La norma impugnata prevede che «L'articolo 3, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100, si interpreta nel senso che alle fondazioni, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, non si applicano le disposizioni di legge che prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza della violazione delle norme in materia di stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine, di proroga o di rinnovo dei medesimi contratti».
La Corte d'appello fiorentina espone di dover decidere sul gravame che la Fondazione Teatro Maggio Musicale Fiorentino ha proposto contro la sentenza pronunciata dal Tribunale ordinario di Firenze, in funzione di giudice del lavoro, nella controversia che ha contrapposto l'appellante a M.M.G., «tersicorea di fila con obbligo di solista», lavoratrice della fondazione in virtù di «34 contratti temporanei a partire dal 3.6.1997 e poi reiterati negli anni, (altri 7) anche nel corso del giudizio stesso».
Il giudice di primo grado, con la sentenza impugnata, ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto del 9 gennaio 2001, ha accertato che tra le parti si era instaurato, dal 9 gennaio 2001, un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con inquadramento della ricorrente nel sesto e poi nel quinto livello del contratto collettivo nazionale, e ha condannato la fondazione, in base all'art. 32, comma 5, della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro), al pagamento dell'indennità onnicomprensiva di sei mensilità dell'ultima retribuzione globale, con rivalutazione monetaria e interessi legali.
Tale decisione si fonda sull'illegittimità dell'apposizione del termine a un contratto carente di una «reale, coerente e dimostrata esigenza di temporaneità».
La Corte d'appello, investita del gravame della fondazione, afferma, in primo luogo, la natura privatistica dei rapporti di lavoro intercorsi tra le parti.
Da tale affermazione discende l'infondatezza del richiamo al divieto di stabilizzazione vigente nell'àmbito del lavoro pubblico (art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»).
Sulla scorta di tale rilievo e della giurisprudenza di legittimità in tema di contratti a termine delle fondazioni lirico-sinfoniche (fra le molte, Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 12 marzo 2014, n. 5748), la Corte rimettente conclude che le statuizioni del Tribunale resistono alle doglianze dell'appellante.
Il giudice d'appello, nel condividere l'apprezzamento del giudice di prime cure, ribadisce che la ricorrente è stata assunta allo scopo di «assicurare l'espletamento della ordinaria programmazione del Teatro senza riferimento a specifici spettacoli e anche al di fuori dell'impegno originariamente preventivato».
Alla conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato si frappone l'ostacolo della norma impugnata, che, sotto la parvenza interpretativa, interviene - con valenza retroattiva - a privare del diritto alla stabilizzazione del rapporto di lavoro quei soggetti che già avevano conseguito una pronuncia favorevole.
Tali considerazioni, ad avviso della Corte rimettente, confermano la rilevanza della questione.
In punto di non manifesta infondatezza, la Corte d'appello argomenta che la disciplina censurata si indirizza a un numero ristretto di lavoratori «ben individuabili nominativamente», discriminati senza alcuna giustificazione rispetto alla generalità dei lavoratori del settore privato, che beneficiano della tutela più ampia prevista, in materia di contratti a termine, dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES).
La norma impugnata non attribuisce alla legge che intende interpretare (decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, recante «Disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali» e convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 29 giugno 2010, n. 100) un senso riconducibile alle possibili letture del testo originario e vanifica l'affidamento ragionevole dei consociati, avvalorato dall'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità.
Tali caratteristiche pongono la norma in antitesi con i princípi di eguaglianza e di ragionevolezza e concorrono a configurare un'ingerenza indebita del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia, in mancanza di motivi imperativi d'interesse generale, incompatibili con il carattere privato delle fondazioni.
2.- Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto di respingere, in quanto infondata, la questione di legittimità costituzionale.
La difesa dello Stato replica che la disciplina impugnata ha natura interpretativa, in quanto isola una delle varianti di senso (il divieto generale di stabilizzazione dei rapporti irregolari), coerente con la finalità di contenere la spesa pubblica e con le peculiarità di un settore contraddistinto da un'attività stagionale.
A dire dell'Avvocatura generale dello Stato, la norma censurata rinviene la sua ragion d'essere nella spiccata impronta pubblicistica delle fondazioni lirico-sinfoniche, sovvenzionate in misura prevalente dallo Stato e dagli enti locali, qualificabili, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 153 del 2011), come organismi nazionali di diritto pubblico.
Non si potrebbe istituire, pertanto, alcun raffronto tra i rapporti di lavoro instaurati dalle fondazioni e i rapporti di lavoro che intercorrono con gli imprenditori privati.
Inoltre, i ragguardevoli disavanzi di esercizio del settore integrano «razionali e congrue motivazioni di spiccato rilievo pubblicistico», idonee a giustificare l'introduzione di un assoluto divieto di conversione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.- La Corte d'appello di Firenze dubita della legittimità costituzionale dell'art. 40, comma 1-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98, e denuncia il contrasto della norma impugnata con gli artt. 3, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950 ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848.
La norma censurata, che dichiara di interpretare l'art. 3, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64 (Disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali), convertito, con modificazioni, dall'art. 1 comma 1, della legge 29 giugno 2010, n. 100, vieta di convertire i contratti di lavoro a termine delle fondazioni lirico-sinfoniche in contratti a tempo indeterminato, in conseguenza delle violazioni delle norme sulla stipulazione dei contratti, sulle proroghe e sui rinnovi.
Con particolare riguardo alla fattispecie di illegittima apposizione del termine al primo contratto, la Corte rimettente ravvisa una portata retroattiva della disciplina, dietro lo schermo dell'enunciata natura interpretativa, e assume che tale retroattività contravvenga ai princípi di eguaglianza e di ragionevolezza (art. 3, primo comma, Cost.) e leda il diritto a un processo equo, consacrato anche dalla fonte convenzionale.
La normativa impugnata, carente di motivi imperativi d'interesse generale, frustrerebbe l'affidamento legittimo dei consociati e si tradurrebbe in un'arbitraria ingerenza nell'esercizio della funzione giurisdizionale, discriminando, senza alcuna ragionevole giustificazione, i lavoratori delle fondazioni lirico-sinfoniche rispetto agli altri lavoratori del settore privato.
2.- Sul presente giudizio non incide la nuova disciplina in tema di contratti a tempo determinato delle fondazioni di produzione musicale, introdotta dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 (Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183).
Per effetto dell'art. 57, tale disciplina (artt. 23, comma 3, e 29, comma 3) si applica soltanto dal 25 giugno 2015, giorno successivo a quello della pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, e pertanto non concerne i diritti sorti nel vigore della normativa antecedente.
Le novità normative non dispiegano alcuna influenza sul giudizio in corso, né alterano i termini della questione. La Corte rimettente non deve, dunque, rinnovare la valutazione di rilevanza (sentenza n. 205 del 2015, con riguardo alle novità apportate, con una norma transitoria di identico tenore, dal coevo decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, recante «Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183»).
3.- La questione è fondata.
4.- La norma impugnata deve essere esaminata in una prospettiva diacronica, in ragione dei molteplici interventi legislativi che si sono succeduti.
4.1.- Occorre prendere le mosse dall'art. 3, comma 6, del d.l. n. 64 del 2010, come convertito, che al primo periodo così recita: «Alle fondazioni lirico-sinfoniche, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, continua ad applicarsi l'articolo 3, quarto e quinto comma, della legge 22 luglio 1977, n. 426, e successive modificazioni, anche con riferimento ai rapporti di lavoro instaurati dopo la loro trasformazione in soggetti di diritto privato e al periodo anteriore alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368».
L'art. 3 della legge 22 luglio 1977, n. 426 (Provvedimenti straordinari a sostegno delle attività musicali), cui si fa riferimento nel d.l. n. 64 del 2010, vietava «i rinnovi dei rapporti di lavoro che, in base a disposizioni legislative o contrattuali, comporterebbero la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato» (terzo comma) e sanciva la nullità di diritto delle assunzioni attuate in violazione di tale divieto (quarto comma).
La legge n. 426 del 1977 ha come retroterra l'assetto normativo che attribuiva la personalità giuridica di diritto pubblico agli enti di prioritario interesse nazionale chiamati ad operare nel settore musicale (art. 5, primo comma, della legge 14 agosto 1967, n. 800, in tema di «Nuovo ordinamento degli enti lirici e delle attività musicali»).
Tale diverso assetto dà conto delle deroghe alla disciplina generale, racchiusa nella legge 18 aprile 1962, n. 230 (Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato), così come successivamente modificata, e, in particolare, della scelta di sottrarre gli enti lirici all'applicazione dell'art. 2 della legge n. 230 del 1962, in tema di proroghe e rinnovi (Consiglio di Stato, sezione sesta, decisione 23 marzo 1998, n. 352).
Nel 2010 il legislatore si muove in un contesto profondamente mutato.
Il decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367 (Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato) ha disposto la trasformazione degli enti di prioritario interesse nazionale, che operano nel settore musicale, in fondazioni di diritto privato (art. 1) e a tali fondazioni ha conferito una «personalità giuridica di diritto privato» (art. 4). La scelta di assoggettare i rapporti di lavoro dei dipendenti delle fondazioni alle disposizioni del codice civile e a una regolamentazione di matrice contrattuale (art. 22, comma 1) è coerente con le nuove previsioni, efficaci a partire dal 23 maggio 1998 (art. 1 del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 345, recante «Disposizioni urgenti in tema di fondazioni lirico-sinfoniche», convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 26 gennaio 2001, n. 6).
Il d.l. n. 64 del 2010, in un disegno complessivo improntato all'esigenza di razionalizzare la spesa, ha dettato, per un verso, disposizioni di carattere generale, innovando la disciplina dei contratti a tempo determinato delle fondazioni, e, per altro verso, disposizioni legate alla situazione contingente e alle questioni controverse, insorte nella transizione dal regime di diritto pubblico a quello eminentemente privatistico.
Quanto al primo profilo, il legislatore, pur confermando la necessità di un concreto riferimento dei contratti di scrittura artistica a specifiche attività artistiche espressamente programmate (art. 3, comma 6, secondo periodo), delinea una disciplina derogatoria per i contratti a tempo determinato delle fondazioni lirico-sinfoniche e le dispensa dall'osservare le disposizioni dell'art. 1, commi 01 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), che individuano nel contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato la forma comune di rapporto di lavoro e sanciscono per l'apposizione del termine, a pena di inefficacia, l'obbligo della forma scritta (art. 3, comma 6, terzo periodo).
Per quel che attiene al secondo aspetto, rilevante nel presente giudizio, il legislatore si propone di fugare i dubbi che avevano accompagnato l'approdo delle fondazioni al regime privatistico.
Tali dubbi erano, peraltro, circoscritti entro un arco temporale che, dalla trasformazione degli enti lirici in soggetti di diritto privato (23 maggio 1998), si estendeva fino all'entrata in vigore delle nuove regole sui contratti a tempo determinato, introdotte con il d.lgs. n. 368 del 2001 e finalizzate a evitarne l'abuso, in attuazione della direttiva comunitaria.
La norma ha come orizzonte un periodo delimitato, come si desume dal dettato letterale, che opera un riferimento circostanziato ai rapporti di lavoro, instaurati dopo la trasformazione delle fondazioni in soggetti di diritto privato, e «al periodo anteriore alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368».
Per tale periodo, entro cui la transizione delle fondazioni al regime privatistico si è compiuta, ma non ha ancora visto la luce la nuova disciplina dei contratti a tempo determinato (d.lgs. n. 368 del 2001), il legislatore ribadisce la perdurante vigenza delle norme sui rinnovi, dettate dalla legge n. 426 del 1977, funzionali a una regolamentazione pubblicistica, altrimenti superata, senza tale disposizione espressa, dall'applicazione delle regole del codice civile.
4.2.- L'art. 40, comma 1-bis, del decreto-legge n. 69 del 2013, censurato nel presente giudizio, è stato introdotto nella fase di conversione ed è il frutto di un emendamento delle commissioni riunite in sede referente (emendamento n. 40.3).
La norma, che ricalca la previsione già inserita nell'art. 11, comma 19, ultimo periodo, del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91 (Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo), nel testo anteriore alla conversione, con modificazioni, disposta dall'art. 1, comma 1, della legge 7 ottobre 2013, n. 112, propone l'interpretazione autentica dell'art. 3, comma 6, primo periodo, del d.l. n. 64 del 2010.
Il legislatore statuisce, per le fondazioni lirico-sinfoniche, un divieto assoluto di stabilizzazione del rapporto di lavoro «come conseguenza della violazione delle norme in materia di stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine, di proroga o di rinnovo dei medesimi contratti».
Come emerge dai lavori parlamentari e, in particolare, dalla relazione illustrativa del disegno di legge di conversione (A.S. n. 1014, XVII Legislatura) del d.l. n. 91 del 2013, il cui art. 11, comma 19, ultimo periodo, è l'antesignano della norma oggi impugnata, l'esigenza di introdurre una norma interpretativa scaturisce da una «giurisprudenza estesa su tutto il territorio nazionale», che ha inteso in senso restrittivo il divieto di stabilizzazione sancito nel 2010, limitandolo alle ipotesi dei rinnovi. Il legislatore imputa alla giurisprudenza di avere travisato il senso del d.l. n. 64 del 2010, «che intendeva evitare la stabilizzazione dei rapporti di lavoro».
Confliggerebbe, dunque, con tale ratio legis l'interpretazione restrittiva, che, già prima dell'intervento della norma di interpretazione, aveva ricevuto l'avallo della Corte nomofilattica (Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze 30 luglio 2013, n. 18263, e 26 maggio 2011, n. 11573, che inaugurano un orientamento conforme, riferito alla norma interpretata ed espresso, fra le molte, pur dopo l'entrata in vigore della norma interpretativa, da Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze 19 maggio 2014, n. 10924, 12 maggio 2014, n. 10217, 27 marzo 2014, n. 7243, 20 marzo 2014, n. 6547, 12 marzo 2014, n. 5748).
5.- Nel sancire che il divieto di conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato non è circoscritto alla materia dei rinnovi e a quella connessa delle proroghe, ma investe ogni ipotesi di «violazione delle norme in materia di stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine», la norma impugnata non enuclea una plausibile variante di senso dell'art. 3, comma 6, primo periodo, del d.l. n. 64 del 2010 e dell'art. 3, quarto e quinto comma, della legge n. 426 del 1977.
La norma, oggetto di interpretazione, contiene un riferimento specifico ai rinnovi dei contratti a termine. Secondo il significato proprio delle parole, che è canone ermeneutico essenziale (art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale), il vocabolo "rinnovo" evoca un concetto diverso rispetto a quello dell'illegittimità del termine, apposto al primo contratto.
Se il rinnovo attiene alla successione dei contratti e all'aspetto dinamico del rapporto negoziale, la questione scrutinata nel giudizio principale verte su un vizio genetico, che inficia il contratto sin dall'origine.
Non a caso, il legislatore esclude ogni equiparazione tra il rinnovo e l'illegittimità originaria del termine nella disciplina dei contratti a tempo determinato. "Rinnovo" è termine tecnico, riscontrabile in tutta la legislazione sui contratti a tempo determinato, e approda inalterato fino agli sviluppi più recenti.
L'autonomia concettuale dei rinnovi traspare da una trama, variegata e coerente, di disposizioni, i cui fili essenziali legano la legge n. 230 del 1962, che disciplina la materia all'art. 2, al d.lgs. n. 368 del 2001, che al tema delle proroghe e della successione dei contratti dedica gli artt. 4 e 5, e, da ultimo, si allacciano al d.lgs. n. 81 del 2015, che menziona le proroghe e i rinnovi all'art. 21.
Anche la disamina della disciplina di settore conferma tale autonomia concettuale e dimostra che è proprio nella regolamentazione delle proroghe e dei rinnovi che risiede la peculiarità dei contratti a tempo determinato nelle fondazioni lirico-sinfoniche.
L'intero assetto normativo è attraversato da questi princípi, che caratterizzano il corso della sua complessa evoluzione e trovano significativi elementi di conferma dapprima nell'art. 3, quarto e quinto comma, della legge n. 426 del 1977, tributaria del regime pubblicistico degli enti lirici, nell'art. 22, comma 2, del d.lgs. n. 367 del 1996, che esonera le fondazioni, oramai privatizzate, dall'osservanza delle disposizioni dell'art. 2 della legge n. 230 del 1962 sulle proroghe e sui rinnovi, in seguito nell'art. 11, comma 4, del d.lgs. n. 368 del 2001, che, su impulso della direttiva comunitaria, riproduce tale disposizione derogatoria nell'innovare la disciplina dei contratti a tempo determinato.
Anche l'art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 81 del 2015, ribadisce, con riguardo alle proroghe e alle successioni dei contratti, la disciplina derogatoria dei contratti a tempo determinato nelle fondazioni lirico-sinfoniche.
Si può dunque affermare che la disciplina censurata attribuisce alla disposizione del d.l. n. 64 del 2010 un contenuto precettivo dissonante rispetto al significato della parola "rinnovi", accreditato da una costante elaborazione della giurisprudenza di legittimità.
Non si può ritenere, pertanto, che la norma interpretativa sia servita al legislatore, per emendare un'imperfezione del testo originario, ripristinando il significato autentico della disposizione interpretata, o che abbia risolto contrasti interpretativi, forieri di incertezze rilevanti.
6.- La disposizione impugnata, che non interferisce con il divieto di stabilizzazione nelle ipotesi di proroghe e di rinnovi illegittimi, opera in una latitudine circoscritta e riguarda la sola ipotesi della violazione delle norme sull'illegittima apposizione del termine.
La norma impugnata lede, in pari tempo, l'affidamento dei consociati nella sicurezza giuridica e le attribuzioni costituzionali dell'autorità giudiziaria (sentenza n. 209 del 2010, per l'indissolubile legame che unisce tali valori dello stato di diritto, posti in risalto anche dall'ordinanza di rimessione della Corte fiorentina).
L'affidamento, nel caso di specie, risultava corroborato da un assetto normativo risalente, imperniato sulla distinzione tra i rinnovi e le fattispecie di illegittimità originaria del contratto a tempo determinato, e da una giurisprudenza che gli stessi lavori parlamentari menzionano e che la legge interpretativa consapevolmente ribalta, ripercuotendosi sui giudizi in corso e su vicende non ancora definite.
La disciplina impugnata, priva di un appiglio semantico con la norma oggetto di interpretazione, lede, inoltre, l'autonomo esercizio della funzione giurisdizionale, in quanto è suscettibile di definire i giudizi in corso, travolgendo gli effetti delle pronunce già rese.
L'illegittimità costituzionale della norma, in quanto retroattiva, si coglie anche sotto un distinto e non meno cruciale profilo.
Nell'estendere il divieto di conversione del contratto a tempo determinato oltre i confini originariamente tracciati, includendo anche l'ipotesi di un vizio genetico del contratto a tempo determinato, la norma pregiudica un aspetto fondamentale delle tutele accordate dall'ordinamento ai rapporti di lavoro, in un contesto già connotato in senso marcatamente derogatorio rispetto al diritto comune.
Del resto, con riguardo ai lavoratori dello spettacolo, la Corte di giustizia ha valorizzato il ruolo della "ragione obiettiva" come mezzo adeguato a prevenire gli abusi nella stipulazione dei contratti a tempo determinato e come punto di equilibrio tra il diritto dei lavoratori alla stabilità dell'impiego e le irriducibili peculiarità del settore (sentenza 26 febbraio 2015, nella causa C-238/14, Commissione contro Granducato di Lussemburgo, che riprende le affermazioni della sentenza della Corte di giustizia, 26 novembre 2014, nelle cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, Mascolo ed altri).
7.- Restano assorbite le censure di violazione dell'art. 3 Cost., per asserita disparità di trattamento tra i lavoratori delle fondazioni lirico-sinfoniche e i lavoratori del settore privato.
P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 40, comma 1-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui prevede che l'art. 3, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 29 giugno 2010, n. 100, si interpreta nel senso che alle fondazioni lirico-sinfoniche, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, non si applicano le disposizioni di legge che prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza della violazione delle norme in materia di stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine.


Fonte: http://www.eius.it/giurisprudenza/2015/416.asp

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Dott. Gaetano Aiello - La sentenza del 1 dicembre 2015 n. 260 della Corte costituzionale apre una voragine sul divieto di conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato nel pubblico impiego.


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sabato 12 dicembre 2015

Precari, tutto di nuovo in bilico per riduzione somme da Stato a Regione

Precari, tutto di nuovo in bilico per riduzione somme da Stato a Regione

Scritto il 11 dicembre 2015 alle ore 15:35 da 

precariOltre un centinaio di sindaci e amministratori, provenienti da tutta la Sicilia, hanno manifestato stamane a Palermo in occasione della protesta, indetta da Cgil, Cisl e Uil, dei lavoratori precari della Regione, degli altri enti locali e della Sanità. “Sosteniamo le ragioni dello sciopero generale – ha detto il presidente dell’Anci Sicilia Leoluca Orlando – la gravissima crisi finanziaria, determinata in parte da scelte regionali, si ripercuote negativamente anche sul fronte dei lavoratori precari, su imprese, fornitori e sui servizi da erogare ai cittadini e, di fatto, impedisce che si attivino quei meccanismi virtuosi per il buon governo del territorio e per il rilancio dell’economia”.
Orlando chiede “una soluzione definitiva per uscire dalla logica delle proroghe e delle deroghe, trovando per questi lavoratori un assetto stabile che li porti fuori dalla loro condizione di perenne incertezza”. Su questo tema l’associazione dei Comuni ha chiesto un incontro al presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Intanto, proprio stamane è giunta da Roma la notizia che le somme stanziate per la Sicilia ammontano a 900 milioni e non a 1 miliardo e 400 milioni di euro come previsto dalla trattativa tra Regione e Stato.
Il presidente Rosario Crocetta ha detto di essere già al lavoro per risolvere la questione. Lo stanziamento previsto da un emendamento dei relatori alla legge di stabilità si ferma a 900 milioni ed è stato assegnato, dicono fonti vicine al governo, come una sorta di “acconto” rispetto all’accordo che sarà, comunque, rispettato. Quello previsto dall’emendamento sarebbe, quindi, solo uno stanziamento assegnato in attesa di fare chiarezza sulla compartecipazione regionale e sulla revisione percentuale di compartecipazione al gettito tributario”.
“Così non possiamo garantire pagamenti per nessuno, copriamo solo Sanità, dipendenti e mutuo”, ha sottolineato il presidente della commissione Bilancio all’Ars, Vincenzo Vinciullo. Al miliardo e 400 milioni, adesso mancanti, è legata anche la proroga dei contratti ai 22 mila precari che, ancora una volta mentre la fine dell’anno si avvicina, vedono a rischio la permanenza nei loro posti di lavoro.

Fonte: http://www.trapanioggi.it/precari-tutto-di-nuovo-in-bilico-per-riduzione-somme-da-stato-a-regione/

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mercoledì 9 dicembre 2015

PEPS - Comunicato stampa dell' 8 11 2015


https://drive.google.com/file/d/0B8foPgt9vhLQcHloRWdOcG5KR3RoUmNUcG1jTUwzejZ6WWJ3/view?usp=sharing


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Propsta Emendamento Presidente della Regione Rosario Crocetta


https://drive.google.com/file/d/0B8foPgt9vhLQU0JyMWNKMGVXQ1U/view?usp=sharing

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