domenica 5 febbraio 2017

Sui precari siciliani, deciderà la Corte di Giustizia Europea !

Dell’entrata in vigore degli art. 3 e 4, della Legge Regionale 29 dicembre 2016 n. 27, è ormai evidente che il Legislatore regionale non vuole assolutamente affrontare con serietà, equilibrio, concretezza, ma anche con proposte legislative “eccezionali” e di respiro istituzionale, il fenomeno del precariato pubblico siciliano, che da quasi trent’anni è presente negli Enti Locali ed Istituzionali della Regione Siciliana. Neanche la parte maggioritaria della magistratura del lavoro siciliana (ad eccezione di alcuni giudici illuminati dei tribunali di Catania, Siracusa e Trapani), sembra voler affrontare tale fenomeno nella fattispecie specifica dell’abuso, per poter applicare la sanzione della costituzione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro precario dopo 36 mesi, ovvero del risarcimento del danno
La giurisprudenza maggioritaria della magistratura isolana, definisce i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato dei dipendenti precari siciliani, dei rapporti di lavoro di natura assistenziale e/o previdenziale, di work-fare, per sottrarli, ai sensi, di quanto è staio previsto dall’art. 77, comma 2, della Legge Regionale 28 dicembre 2004 n. 17, alla Direttiva comunitaria n.70/1999/CE e di conseguenza alle disposizioni legislative statali vigenti in materia.

LEGISLAZIONI A CONFRONTO 
Addirittura, in diverse sentenze, si sottolinea che la normativa che disciplina i contratti di lavoro a termine nella Pubblica amministrazione (Direttiva comunitaria n. 70/1999/CE, Decreto Legislativo 6 settembre 2001 n. 368, Decreto Legislativo 15 giugno 2015 n. 81 e art. 36 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165 e smi), non si applicherebbe ai contratti di lavoro precari, stipulati ai sensi della normativa siciliana, “per esigenze di natura politico sociale, volte a superare il rapporto assistenziale costituito dal lavoro socialmente utile ed a far acquisire professionalità e qualificazione al personale appartenente a tale categoria” e di riconoscimento delle differenze retributive anche ai lavoratori ASU, titolari di contratti di lavoro a termine stipulati, ai sensi e per gli effetti della normativa regionale vigente dal 2004 (vedi sentenza n. 534 del 14 giugno 2016 Corte di appello sez. lavoro di Palermo, sentenza n. 1339 del 22 novembre 2016 Corte di appello sez. lavoro di Messina). Appare del tutto fondato ed fìn troppo evidente, che per quanto riguarda i contratti di lavoro a tempo determinato, stipulati dai dipendenti precari siciliani, la legislazione regionale, non ha alcuna rilevanza, essendo indubbia la prevalenza della legislazione nazionale, senza parlare di quella europea, posto che l’art. 17 dello Statuto speciale della Regione Siciliana, subordina l’attività legislativa regionale “entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato” e la potestà normativa opera “…osservando i minimi stabiliti dalle leggi dello Stato”. Pare dunque evidente la possibilità della Regione Siciliana di normare la materia secundum legem e non certo contra legem. Senza contare la pretesa del Legislatore regionale, che dal 2004 ha cercato con svariati interventi legislativi di sottrarsi “legislativamente” alla normativa comunitaria, in palese violazione degli artt. 11 e 117 della Costituzione.

LEGISLAZIONI A CONFRONTO
A tal fine, la disposizione dell’art. 77, comma 2, della Legge Regionale 28 dicembre 2004 n. 17, che recita “le disposizioni di cui al Decreto Legislativo 6 settembre 2001 n. 368, non si intendono applicabili ai contratti a termine volti alla stabilizzazione dei soggetti destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili”, non ha alcuna rilevanza giuridica, per il semplice motivo che una disposizione regionale non può disapplicare la disciplina comunitaria e quella nazionale vigenti in materia di lavoro a tempo determinato nella Pa italiana ed in particolare siciliana. 
Sulla questione relativa alla sanzione applicabile per l’abuso dei contratti a termine nella Pa siciliana l’Ordinanza del Tribunale di Trapani, che riguarda una fattispecie specifica che coinvolge tutto il precariato pubblico siciliano, è di straordinaria importanza, in quanto sottopone alla Corte di giustizia il quesito della equivalenza o meno della sanzione riconosciuta dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con sentenza 15 marzo 2016 n. 5072. La sentenza “a tempo determinato” n. 5072/2016 della Cassazione sarà quindi, con molta probabilità, superata dalla Corte di giustizia con la sentenza o l’ordinanza nella causa C-494/16. Sul quesito del giudice di Trapani per garantire il rispetto del principio di equivalenza la Cassazione ha due possibilità: 
1) convertire i contratti di lavoro a tempo indeterminato;
2) riconoscere il risarcimento per equivalente cambiando orientamento e
riconoscendo un danno che abbia ad oggetto la perdita del posto di lavoro.

LE OSSERVAZIONI DELLA COMMISSIONE
Bisogna evidenziare con grande chiarezza che il giudice del lavoro del Tribunale di Trapani, in aperto dissenso con la sentenza della Cassazione n. 5072/2016 delle Sezioni Unite, ma anche con la parte maggioritaria della magistratura del lavoro isolana, che definisce i contratti di lavoro a termine dei precari siciliani come misure assistenziali e/o previdenziali senza perciò riconoscere il risarcimento del danno, ha rimesso la questione del rispetto del principio di equivalenza e effettività alla Corte di giustizia. La causa è stata protocollata con il numero di riferimento C-494/16 e i difensori dei lavoratori sono stati già invitati a presentare osservazioni scritte entro il mese di dicembre. Presumibilmente tra febbraio e marzo si potrebbero conoscere le osservazioni scritte della Commissione europea, la quale interviene come custode dei Trattati nei procedimenti di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE. Inoltre, bisogna informare i dipendenti precari siciliani, che in materia di contratti di lavoro a tempo determinato la Regione Siciliana non può, in ogni caso, legiferare in modo autonomo e continuare a disapplicare la Direttiva comunitaria n. 70/1999/CE, perpetuando di fatto nel pubblico impiego siciliano, il più gigantesco abuso di Stato mai realizzato in Italia, in materia di lavoro a termine nella Pa e soprattutto in uno Stato membro dell’Unione europea. Per fortuna adesso sul fenomeno del precariato pubblico siciliano che dura da trent’anni, visto che il Governo della Regione e il Legislatore regionale non se ne occupano o se ne occupano malamente in modo episodico e mai strutturale, deciderà la Corte di giustizia dell’Unione europea.

Dott. Gaetano Aiello

Fonte: Centonove


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