In
Sicilia, il ricorso a forme flessibili di assunzione negli Enti
Locali ed Istituzionali, per tantissimi anni è stato possibile con
l’attivazione dei contratti a tempo determinato, stipulati con
soggetti appartenenti al regime transitorio dei lavoratori
socialmente utili, ai sensi e per gli effetti della Legislazione
regionale vigente in materia ( vedi Legge Regionale 23 gennaio
1998 n. 3 e Legge Regionale 26 novembre 2000 n. 24).
Queste
forme flessibili di rapporti di lavoro a tempo determinato, alle
quali hanno fatto ricorso parecchi Enti Locali ed Istituzionali e la
stessa Regione Siciliana, hanno consentito a questi Enti Pubblici di
avere personale pubblico qualificato e a basso costo, per
colmare i vuoti delle proprie dotazioni organiche in maniera
permanente ed effettiva. Gli stessi Enti, per lungo tempo hanno
continuato a garantire ed ancora oggi garantiscono l’efficienza di
importanti servizi collettivi, in violazione dell’articolo 36,
comma 2, del Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165, il quale
dispone il ricorso a forme flessibili di assunzione nel pubblico
impiego “ per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali”.
Infatti,
i contratti stipulati dagli Enti non possono essere definiti
temporanei ed eccezionali, ma rispondenti ad esigenze di natura
istituzionali e permanenti nel tempo. La Legislazione
regionale che disciplina la natura giuridica dei contratti a termine
con i soggetti appartenenti al regime transitorio dei lavori
socialmente utili, è in palese contrasto con la Direttiva
n. 70/1999/CE del 28 giugno 1999, il Decreto
Legislativo 6 settembre 2001 n. 368 che recepisce
nell’Ordinamento italiano la Direttiva UE, l’articolo
36, comma 2, del Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165
e la stessa Costituzione.
La
Regione Siciliana, per eludere la legislazione comunitaria vigente
negli Stati membri dell’Unione Europea e la stessa normativa
statale in materia di contratti a tempo determinato, di cui al
Decreto Legislativo 6 settembre 2001 n. 368 e dell’articolo
36 del Decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, ha approvato nel
2004, l’articolo 77, comma 2, della Legge Regionale 28 dicembre
2004 n. 17. Il disposto dell’articolo 77, comma 2, della
suddetta Legge Regionale, così dispone:
“
2. Le
disposizioni di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,
non si intendono applicabili ai contratti a termine volti alla
stabilizzazione dei soggetti destinatari del regime transitorio dei
lavori socialmente utili ”.
Occorre,
innanzitutto, evidenziare come una siffatta inapplicabilità
determinerebbe
una gravissima disparità di trattamento tra i lavoratori del
pubblico impiego (ovviamente in danno solo ai pubblici dipendenti
precari siciliani in servizio negli Enti Locali ed Istituzionali
della Regione Siciliana), giungendo a qualificare come misure di
workfare
contratti a tempo determinato, in assenza dei quali gli Enti Pubblici
non sarebbero in grado di assolvere alle funzioni fondamentali
attribuitegli dalla Legge.
Inoltre,
l’articolo
77, comma 2, della Legge Regionale 28 dicembre 2004 n. 17,
si pone in palese contrasto con il diritto dell’Unione Europea ed
in particolare con la Direttiva
n. 70/1999/CE del 28 giugno 1999,
in materia di lavoro a tempo determinato, così come interpretata
dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, in quanto
fonte
di diritto vincolante
per l’Ordinamento italiano.
Pertanto,
secondo la legislazione comunitaria in vigore, l’articolo
77, comma 2
della suddetta Legge Regionale, al pari di tutta la normativa
nazionale e regionale contrastante il diritto europeo sarebbe dovuta
essere disapplicata da tutti gli Enti Locali ed Istituzionali della
Regione.
E’
appena il caso di ricordare, su
questa fattispecie specifica della Regione Siciliana, come i problemi
di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea, già
evidenziati con riguardo all’articolo
36 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165,
si ripresentano con maggiore forza, con riferimento alla normativa
regionale vigente.
L’articolo
77, comma 2, della Legge siciliana, non solo impedisce la conversione
del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato,
disattendendo le richieste comunitarie di una “misura
effettiva”,
che contrasti gli abusi del datore di lavoro pubblico, ma finisce con
l’avallare una disciplina speciale ingiustificatamente penalizzante
per i rapporti a tempo determinato, che scaturiscono dai contratti di
lavoro sottoscritti da soggetti appartenenti al regime transitorio
dei lavori socialmente utili nel territorio regionale.
Tale
Legislazione regionale, letta in maniera imparziale e senza
interpretazioni di comodo finora fornite dai tecnici della Regione e
dai Dirigenti e Funzionari degli Enti, tradisce senza ombra di dubbio
lo spirito della Direttiva comunitaria, in modo particolare il
rispetto del principio di non discriminazione. Basti in proposito
pensare che, applicando
la normativa siciliana, il dipendente pubblico precario subisce una
inaudita discriminazione, in quanto non godrebbe nemmeno di tutte le
altre garanzie previste dal Decreto Legislativo 6 settembre 2001 n.
368 ( limiti di apposizione del termine ai contratti proroghe e
rinnovi e/o sanzioni in caso di abuso derivante dalla reiterazione
dei contratti oltre il limite legale di 36 mesi).
Non
vi è quindi ragione di dubitare che il rapporto di lavoro che deriva
dai contratti di lavoro sottoscritti dagli ex LSU, abbia natura
identica, dal punto di vista sostanziale, ad un qualunque rapporto,
che scaturisce da un contratto di lavoro a tempo determinato. In
altri termini, le
esigenze di tutela del lavoratore a tempo determinato,
contrattualizzato ai sensi della legislazione siciliana, in servizio
negli Enti Locali ed Istituzionali della Regione, sono disciplinate
alla stessa maniera del territorio nazionale, in virtù della
normativa europea vigente, quale che sia stata l’origine del
rapporto contrattuale.
A
tal fine, l’anomalia che oggi viene fuori, dall’esame
rigoroso dell’articolo 30 della Legge Regionale 28 gennaio 2014
n. 5 (che il Commissario dello Stato stranamente
ha lasciato passare e con questo ovviamente non
togliendo l’incostituzionalità della norma stessa), risiede
nella constatazione che i soggetti utilizzati negli anni trascorsi,
in attività socialmente utili ASU,
assunti a tempo determinato dalle Pubbliche Amministrazioni
siciliane a partire dall’anno 2000 in poi ( quale misura di
fuoriuscita dal bacino del precariato), sono stati cancellati dal
bacino dei lavori socialmente utili (LSU), a seguito della stipula di
un contratto di lavoro subordinato a termine della durata comunque
superiore a 12 mesi ( vedi articoli 7 e 8 del Decreto Legislativo 28
febbraio 2000 n. 81) e perciò sono decaduti da ogni beneficio di
Legge.
Pertanto,
questi soggetti, a seguito della stipula di un contratto individuale
di lavoro subordinato a tempo determinato, reiterato nel tempo per
tanti anni, hanno acquisito esperienza e professionalità nell’ambito
dell’espletamento delle proprie mansioni, in virtù di quanto
previsto dai Contratti Collettivi Nazionali di lavoro del Comparto di
riferimento, a loro applicati.
Esperienza e professionalità che l’elenco previsto dal comma 1
dell’articolo 30, mortifica e sacrifica, in evidente contrasto con
i principi costituzionali di cui agli articoli 1 e 4 della
Costituzione Repubblicana e del principio di non discriminazione
previsto dalla legislazione comunitaria vigente in materia di lavoro
a tempo determinato.
La
stipula dei contratti a tempo determinato, relativa ai soggetti
appartenenti all’articolo 12, comma 6, della Legge Regionale 21
dicembre 1995 n. 85, come modificato dall’articolo 4 e segg. della
Legge Regionale 14 aprile 2006 n. 16 e dei contratti di cui
all’articolo 25, comma 1, lett. b) della Legge Regionale 29
dicembre 2003 n. 21, consente la perdita effettiva dello status di
lavoratore socialmente utile, nell’accezione di cui al Decreto
Legislativo 28 febbraio 2000 n. 81, in materia di cancellazione e
decadenza dal bacino LSU.
La
dimostrazione di quanto sopra affermato deriva dalla forma di
utilizzazione dei lavoratori ormai diventati precari (ovviamente, in
quanto il loro rapporto di lavoro è a tempo determinato)
sostanzialmente coincidente con un’assunzione a tempo determinato
mediante l’instaurazione di un rapporto di lavoro di
subordinazione.
Il
lavoratore ex ASU, titolare di contratto di diritto privato a tempo
determinato, disciplinato dalla Legislazione regionale, soggiace alla
disciplina della contrattazione collettiva nazionale in materia di
rapporti di lavoro a tempo determinato.
Non tenere conto di questa evidente realtà contrattuale, costituisce
una lesione costituzionale di un diritto al lavoro del lavoratore di
cui agli articoli 1 e 4 della Costituzione Repubblicana e di tutti i
principi di diritto della legislazione europea vigente in materia di
lavoro a tempo determinato.
Paradossalmente,
il comma 1, dell’articolo
30, della Legge Regionale 28 gennaio 2014 n. 5,
appare lesivo delle stesse Pubbliche Amministrazioni, che hanno
attivato i contratti a tempo determinato, in applicazione di una
legislazione regionale palesemente in contrasto con i principi di
diritto del lavoro di ispirazione europea..
Infatti,
la Regione Siciliana, in materia di contratti a tempo determinato nel
pubblico impiego, è stata costretta con l’articolo
3, comma 1, della Legge Regionale 22 gennaio 2013 n. 4,
a recepire le disposizioni statali di cui all’articolo
1, comma 400, della Legge 24 dicembre 2012 n. 228,
in materia di proroghe e rinnovi di contratti a termine nella
Pubblica Amministrazione.
Per
concludere questo intervento bisogna altresì rilevare che la Regione
Siciliana, attraverso la propria legislazione regionale
incostituzionale in materia di precariato pubblico ha arrecato gravi
danni all’intera platea dei lavoratori precari. Tali responsabilità
derivano dalla semplice constatazione che la Regione da troppo tempo
ha legiferato in
contrasto
con la Direttiva europea sul lavoro a tempo determinato, con le norme
statali di recepimento e la stessa Costituzione.
Occorrono
azioni di massa a tutela dei propri diritti di dipendenti pubblici
precari, dopo troppi anni di abusi da parte di TUTTI
gli
Enti Locali ed Istituzionali che li hanno utilizzati per coprire a
basso costo dei posti di lavoro permanenti e per rompere con una
classe dirigente, che dopo avere creato il mostro del precariato
siciliano, se ne vuole lavare le mani senza perciò pagare i danni.
I
tempi appaiono oramai maturi, perché sia i precari che le
Istituzioni a tutti i livelli, si assumano ognuno le proprie
responsabilità. Insistere
sulla possibilità di soluzioni con ogni mezzo legittimo, che
l’Ordinamento mette a disposizione dei dipendenti precari, è ormai
diventato una battaglia di civiltà.
Dott.
Gaetano Aiello
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1. La reiterazione dei contratti a tempo determinato negli Enti Locali ed Istituzionali e nella Regione Siciliana. L’abuso nei confronti dei lavoratori precari.
2. Dott. Gaetano Aiello - News precarie - Solo le azioni legittime di difesa dei diritti e non passive di attesa precaria, in Sicilia, faranno la differenza.
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