In relazione
agli ultimi articoli di stampa divulgati sul bacino del precariato
pubblico della Regione e degli Enti Locali la presente riflessione ha
l’obiettivo di ristabilire la verità
storica sul fenomeno del precariato pubblico in Sicilia.
In particolare sull’articolo “Per
crescere, precari alle opere pubbliche”,
l’autore descrive la Sicilia come una Regione immobile, in mano a
Presidenti e Giunte irresponsabili che negli ultimi anni hanno tenuto
nel sacco deputati e dirigenza. Chiama in causa il Presidente della
Regione Crocetta
affinché metta in moto la macchina della crescita e l’Assessore
all’Economia Luca Bianchi,
che deve inventarsi chissà quali diavolerie per fare quadrare i
conti in rosso della Regione. Secondo l’autore uno
dei punti dolenti del Bilancio della Regione Siciliana riguarda
migliaia di lavoratori precari della Regione e degli Enti Locali che
aspirano a diventare dipendenti in pianta stabile.
E ancora, nell’articolo si parla dell’opinione pubblica
siciliana, la quale ha ben chiaro come questi precari sono entrati
nella PA attraverso la raccomandazione, senza un regolare concorso,
ai sensi dell’art. 97 della Costituzione. I precari, sempre secondo
l’autore, sono andati avanti lasciandosi alle spalle oltre 240.000
disoccupati, i quali senza raccomandazione non sono riusciti ad
entrare nella PA.
A tal
proposito occorre evidenziare, a mio avviso, la scarsa conoscenza del
fenomeno da parte dell’autore, in quanto bisognerebbe
capire chi è entrato, a partire dagli anni Cinquanta, in Regione e
negli Enti Locali con un regolare concorso pubblico, oppure guardare
in faccia la realtà dei quadri dirigenti e dei dipendenti di ruolo
di tutti gli Enti Pubblici presenti in Sicilia, stabilizzati TUTTI
attraverso legislazioni di favore e comunque sul precariato, che con
il merito e la capacità hanno avuto ben poco a che fare.
Almeno i precari che oggi calcano le PP. AA siciliane hanno
un’istruzione medio alta, a differenza dei predecessori che
costituiscono l’asse dei dipendenti di ruolo degli Enti e con un
bagaglio culturale e tecnico medio basso.
Che cosa
succederebbe, nelle nostre PP. AA siciliane, se tutti i precari
ritornassero indietro, miscelandosi con tutti i disoccupati per
partecipare ai concorsi pubblici? Sicuramente perderemmo la parte più
qualificata della PA siciliana, quella più clientelare,
raccomandata, ostaggio dei partiti e dei politici. Bisognerebbe
chiedersi con l’autore del testo, quanti soggetti, a partire dagli
anni Cinquanta, sono stati assunti nella P. A. siciliana con regolare
concorso e senza raccomandazione?
Ricordiamoci che viviamo in Sicilia e la raccomandazione rappresenta
la regola mentre il merito dei precari l’eccezione, per cui siamo
bravissimi a capovolgere anche la realtà. Per
tali motivazioni è utile affrontare l’argomento, senza i soliti
luoghi comuni ma con l’analisi seria del fenomeno.
Il bacino
del precariato nella Pubblica
Amministrazione ed in Sicilia in modo
particolare è stato
disciplinato dal nostro Ordinamento con una serie di norme
che a partire dagli anni cinquanta e sessanta hanno previsto forme
di stabilizzazione di massa dei
lavoratori avventizi e precari
in servizio in quasi tutti gli enti pubblici della Regione Siciliana,
Enti Locali compresi (
in materia si possono citare alcuni riferimenti
legislativi regionali: L. R. 28.11.1952 n. 54, L. R. 13.05.1953 n.
34, L. R. 26.04.1955 n. 38, L. R. 07.05.1958 n. 14, L. R. 15.03.1963
n. 16 ).
Naturalmente
non possono essere quantificati i soggetti interessati dai
provvedimenti in quanto gli Enti non hanno fornito negli anni dati
precisi.
Negli
anni 50 e 60 avvengono quindi (Continua... fai clic su VEDI TUTTO L'ARTICOLO)
le prime forme di stabilizzazione di
lavoratori avventizi e precari degli Enti Locali che sino allora li
avevano utilizzati, addirittura senza alcuna adeguata retribuzione.
Il
precariato pubblico in
Sicilia comprende un’insieme molto ampio ed articolato di soggetti
destinatari delle numerose misure
di intervento
introdotte nell’Ordinamento negli anni dal Legislatore nazionale e
da quello regionale.
Negli anni,
oramai da più di 40 anni,
per aggirare il blocco delle assunzioni
imposto dalle Leggi Finanziarie gli Enti
Locali Siciliani, ma anche la Regione
stessa hanno fatto un uso abnorme delle
assunzioni precarie a tempo determinato.
Nel corso
dell’anno 1977 veniva emanata la Legge
01.06.1977 n. 285, meglio nota come <
Provvedimenti per l’occupazione giovanile >,
prevista allo scopo di incentivare un impiego
straordinario di giovani privi di occupazione in attività e servizi
socialmente utili ( è la prima forma in
Italia dei LSU ), recepita ed integrata dalla Regione Siciliana con
la L. R. 18.08.1978 n. 37,
avente per oggetto < Norme regionali
integrative della Legge 01.06.1977 n. 285 >.
La Legge
finanziava programmi regionali di lavoro
produttivo per opere e servizi socialmente
utili e promuoveva la costituzione di
cooperative di produzione e
lavoro, stanziando
delle risorse finanziarie per il 1977 e per i tre anni successivi.
Pertanto,
presso le Sezioni di collocamento
veniva istituita una lista speciale
nella quale si potevano iscrivere i giovani
non occupati, residenti nel Comune. La Legge
in esame consentiva alle Amministrazioni Locali di predisporre dei
programmi di servizi nei settori dei beni culturali e ambientali,
patrimonio, forestale, difesa del suolo e censimento delle terre
incolte, turismo e altri servizi in genere. Le
Amministrazioni e gli enti responsabili dell’attuazione dei
progetti dovevano presentare alla sezione di collocamento competente
per territorio la richiesta numerica dei giovani iscritti nelle liste
speciali di età compresa tra i 18 e i 29 anni per essere utilizzati
nell’attuazione dei progetti medesimi, con l’indicazione delle
qualifiche richieste.
In Sicilia
la Legge 01.06.1977 n. 285,
come già affermato, veniva integrata nel
1978 con la L. R. 18.08.1978 n. 37,
ampliando i settori nei quali si poteva intervenire con la Legge
dello Stato. Venivano così costituite numerose cooperative ed
avviati numerosi progetti e, naturalmente le nostre Istituzioni
Regionali e le forze politiche che li
governavano si posero subito il problema della
stabilizzazione del precariato, come già era avvenuto negli anni
sessanta con gli avventizi e i salariati.
La
stabilizzazione in
Italia avveniva con il D. L. 30.12.1979 n.
663, convertito con modificazioni in Legge
29.02.1980 n. 33. Successivamente, la Legge
06.02.1981 n. 21 previde la proroga
dei contratti stipulati dalle Pubbliche
Amministrazioni, in particolare dai Comuni, ai sensi della Legge
01.06.1977 n. 285, sino all’espletamento di
esami di idoneità da parte delle stesse Amministrazioni.
La
stabilizzazione in Sicilia
avveniva con la L. R. 02.12.1980 n. 125,
avente per oggetto < Provvedimenti per
l’inserimento delle giovani leve del lavoro nella pubblica
amministrazione e nelle attività produttive e sociali >,
attraverso un’ esame di idoneità e come era già avvenuto per lo
Stato, successivamente per coloro che non avevano superato l’esame
di idoneità veniva svolta una sessione suppletiva per l’immissione
in servizio nella qualifica iniziale della carriera immediatamente
inferiore a quella per la quale non avevano superato l’esame di
idoneità.
L’esame di
idoneità veniva esteso a tutti coloro che erano stati chiamati, per
almeno 4 mesi,
a sostituire esclusivamente soci assenti per il servizio militare
obbligatorio o per gravidanza, per dimissioni volontarie o per
decesso ( ipotesi estese con L. R.
09.05.1986 n. 21 ). I
giovani che non trovavano posto nei ruoli organici delle
Amministrazioni Locali dovevano essere inquadrati in soprannumero con
l’obbligo di riassorbimento nella pianta organica ( oggi Dotazione
organica dopo l’entrata in vigore
delle Legge 15.05.1997 n. 127 ), essendo nel
frattempo stabilito il divieto di nuove assunzioni sino al totale
riassorbimento del personale soprannumerario.
Anche questa
forma di stabilizzazione che in Sicilia ha riguardato migliaia di
giovani si è quindi risolta in una pura formalità essendo i precari
stati assunti tutti a tempo indeterminato ( di ruolo o soprannumerari
), con conseguente aggravio dei costi per il personale assunto,
stimabile in circa 65.000 unità in tutti gli enti che hanno
utilizzato le agevolazioni previste dalla legislazione nazionale e
regionale vigente in materia.
La
Regione Siciliana è intervenuta con altre
norme in materia di
seguito elencate:
a) L. R.
06.05.1981 n. 88. Norme per l’applicazione in Sicilia del D. L.
27.05.1980 n. 153, convertito in Legge 07.07.1980 n. 299, concernete
norme per l’attività gestionale e finanziaria degli enti locali
per l’anno 1980. Norme concernenti particolari posizioni lavorative
esistenti presso la pubblica amministrazione e presso enti pubblici;
b) L. R.
29.12.1981 n. 171. Modifiche ed integrazioni alla legislazione
regionale sull’inserimento delle giovani leve di lavoro nella
pubblica amministrazione;
c) L. R.
13.03.1982 n. 6. Norme integrative della legislazione regionale in
materia di occupazione giovanile;
d) L . R.
02.08.1982 n. 79. Nuovi provvedimenti per l’utilizzazione delle
giovani leve del lavoro nella pubblica amministrazione;
e) L. R.
30.05.1983 n. 32. Norme finanziarie per l’occupazione giovanile e
modifiche ed integrazioni alla L. R. 02.12.1980 n. 125;
f) L. R.
19.01.1984 n. 3. Disposizioni integrative ed urgenti per
l’inserimento delle giovani leve del lavoro nella pubblica
amministrazione;
g) L. R.
11.01.1985 n. 15. Assunzione a carico della Regione delle spese dei
consorzi provinciali per l’istruzione tecnica e altre norme
sull’occupazione giovanile;
h) L. R.
25.10.1985 n. 39. Sistemazione in ruolo del personale risultato
idoneo agli esami di cui alla L. R. 02.12.1980 n. 125 e s. m. i.
nonché del personale di cui all’art. 5 della L. R. 30.01.1981 n.
8.
Dopo questa
infornata generalizzata di giovani avventizi e precari, che avevano
riempito le dotazioni organiche degli Enti Locali, il
Legislatore mise in campo altri strumenti normativi per creare
un’ulteriore bacino di precariato pubblico, non curante dei
richiami della Corte dei Conti come già avvenuto per tutte le altre
stabilizzazioni di lavoratori precari realizzate sin dagli anni
cinquanta.
Un’ulteriore
inserimento di giovani
leve o precari
negli Enti Locali della Regione è stata rappresentata
dall’assunzione di personale tecnico
con la L. R. 10.08.1985 n.
37, mediante contratto
a tempo determinato di durata non superiore ad un biennio non
rinnovabile, che doveva definire tutte le pratiche di sanatoria
edilizia dei Comuni siciliani , secondo le
disposizioni delle L. R. 15.05.1986 n. 26.
Con la L.
R. 12.01.1993 n. 9, all’art 1 la Regione
autorizzava i Comuni a trasformare il
rapporto di lavoro
istaurato con i tecnici in rapporto di lavoro a tempo indeterminato (
in questo modo sono stati assunti in Sicilia circa 4000 persone negli
Enti Locali).
Un’ulteriore
consistente immissione di precari è avvenuta
a seguito dell’entrata in vigore della Legge
11.03.1988 n. 67, la quale, all’art.
23, prevedeva per il triennio 1988-1990 il
finanziamento, nei territori del Mezzogiorno, di progetti
di pubblica utilità
mediante l’impiego, per un periodo di 12 mesi , di giovani
inoccupati di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni ( c.d.
PUC ).
Con la L.
R. 21.09.1990 n. 36, il Legislatore regionale
interviene integrando la
normativa dello Stato
e ampliando i settori dei lavori di pubblica utilità ( PUC ), in
materia di custodia, tutela e manutenzione impianti e uffici
pubblici, assistenza sociale e servizi informatici.
In seguito,
con la L. R. 15.05.1991 n. 27,
è stata consentita dal Legislatore la proroga dei progetti sino al
31.12.1993, mentre ulteriori proroghe
dei soggetti impegnati in attività di utilità collettiva sono state
introdotte con la L. R. 01.09.1993 n. 25.
Nel 1995,
con la L. R. 21.12.1995 n. 85,
sono stati previsti interventi per l’inserimento lavorativo dei
soggetti partecipanti in progetti di utilità collettiva di cui
all’art. 23 della
Legge 11.03.1988 n. 67.
In seguito,
il Legislatore nazionale con il D. L.
01.10.1996 n. 510, convertito con modifiche
dalla Legge 28.11.1996 n. 608,
contenente < Disposizioni urgenti in
materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del
reddito e nel settore previdenziale >,
interviene con una nuova legislazione.
Successivamente,
con altri interventi legislativi, la Legge
24.06.1997 n. 196 e il D. Lgs 07.08.1997
n. 280 sono stati disciplinati i lavori
di pubblica utilità, finanziati dal Fondo
per l’occupazione da attuare nelle regioni meridionali.
Con il D.
Lgs. 01.12.1997 n. 468, è stata definita la
revisione della disciplina sui lavori
socialmente utili,
definiti come le attività aventi ad oggetto la realizzazione di
opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva. Il
Legislatore regionale, con la L. R.
23.01.1998 n. 3, nel
dare attuazione alle citate disposizioni statali, oltre ad ampliare
la platea dei lavoratori del
< regime transitorio > , ha introdotto
nuove forme di intervento per l’occupazione affidate agli Enti
Locali.
Il
periodo che va dal 1999 a tutti gli anni 2000 è stato principalmente
dedicato al tentativo di porre fine all’istituto dei lavori
socialmente utili con il passaggio definitivo dalla finalità di
creazione di nuove opportunità occupazionali a quella del mero
svuotamento del bacino del precariato.
Il D.
Lgs. 28.02.2000 n. 81, ha previsto ulteriori
opportunità occupazionali stabili mediante un articolato sistema di
incentivi costituiti da contributi per l’assunzione a tempo
indeterminato. La L. R. 26.11.2000 n.24,
recepisce ed integra la legislazione statale promuovendo le misure di
fuoriuscita dal bacino LSU.
Tali leggi
hanno utilizzato diversi strumenti, quali la concessione di un
sostegno finanziario per la fuoriuscita dal
bacino dei lavoratori socialmente utili, la
previsione di proroghe per il loro utilizzo. In merito sono indicate
2 norme :
a) la L.
R. 03.12.2003 n. 20, art 39 per la proroga dei contratti di diritto
privato;
b) la L.
R. 29.12.2003 n. 21, art 25 per contratti quinquennali di diritto
privato, contratti di collaborazione coordinata e continuativa e
lavori a progetto, assunzioni presso la Pubblica Amministrazione .
Il
Legislatore regionale, per l’ordinata gestione delle misure
relative al bacino del precariato, con la L.
R. 28.12.2004 n. 17, istituisce il Fondo
unico del precariato per finanziare
tutti gli interventi previsti dalla legislazione regionale in
materia.
Con la L.
R. 14.04.2006 n. 16 sono state introdotte
disposizioni organiche per la stabilizzazione
del personale precario proveniente dal regime transitorio dei LSU.
Ultimamente,
con la L. R. 29.12.2010 n. 24 e la L. R.
12.08.2011 n. 20 sono state adottate dal
Legislatore regionale misure per la
stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari dei soggetti in
possesso dei requisiti previsti dalla legislazione vigente in
materia.
Il
Legislatore regionale in materia
ha recepito ed integrato le segg. norme
statali:
a) la
Legge 27.12.2006 n. 296, art. 1 commi 558 e 562;
b) la
Legge 24.12.2007 n. 244 art. 3 Comma 90;
c) il D.
L.01.07.2009 n. 78, convertito con modifiche in Legge 03.08.2009 n.
102, art 17 commi 10, 11, 12, 13 e 26;
d) in
forma dinamica l’art. 1 comma 401 della Legge 24.12.2012 n. 228.
Tali norme
consentono la prosecuzione dei
contratti di diritto privato a tempo
determinato degli
appartenenti al regime transitorio dei lavori
socialmente utili per il tempo necessario al
completamento del processo di stabilizzazione. Il Legislatore
regionale ha disciplinato le procedure di
stabilizzazione per la definitiva
trasformazione degli
attuali rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti a tempo
indeterminato.
In
particolare, si evidenzia che il Legislatore
regionale, con tale norma
si preoccupa di affrontare la peculiarità
della realtà del fenomeno precariato in Sicilia
per via della stabilizzazione del numeroso
personale interessato e per il pieno rispetto
dei principi generali di coordinamento di
finanza pubblica.
La Legge
regionale sembra possedere tutta una serie di norme volte a rendere
compatibile con il rispetto dei parametri
economico-finanziari la stabilizzazione del
personale precario in servizio negli Enti Locali della Regione.
Inoltre per
affrontare il principio costituzionale di
selezione pubblica affermato dall’art.
97 della Costituzione, questo non viene messo
in discussione dalla Legge Regionale in esame, per il semplice motivo
che tale Legge non si pone in contrasto
con la legislazione statale vigente in materia.
Il
personale precario, da quasi venti anni in servizio negli Enti
Locali, possiede tutte le caratteristiche e tutta l’esperienza
professionale possibile per superare qualsiasi selezione pubblica che
interessa la Pubblica Amministrazione, oltre a trasferire le risorse
finanziarie messe a disposizione dalla Legge per gli Enti che
stabilizzano personale precario in possesso dei requisiti di Legge.
In
definitiva, la prima vera consistente immissione di lavoratori
avventizi o precari degli Enti Locali della Regione Siciliana, non è
avvenuta sicuramente con l’entrata in vigore dell’art. 23 della
Legge 11.03.1988 n. 67 ( in Sicilia L. R. 21.09.1990 n. 36),come
affermato dalla Deliberazione n. 108/2012/VSGO della Corte dei Conti
Sezione di Controllo per la Regione Siciliana, bensì con norme
nazionali e regionali che hanno visto la loro nascita negli anni 50 e
hanno raggiunto il culmine negli anni 70 con la Legge 01.06.1977 n.
285 ( in Sicilia L. R. 18.08.1978 n. 37 ).
La
problematica va affrontata per quello che è e non in modo demagogico
e fuorviante dando sempre la colpa di quello che succede sempre e
solo ai lavoratori precari, vittime ignote di un sistema clientelare
al collasso, per trovare le giuste ed equilibrate soluzioni
definitive.
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