Più la mandi giù (a parole) e piu lei torna su. La spesa pubblica italiana - con buona pace degli annunci di tagli, spending review e sforbiciamenti assortiti - non accenna a diminuire. Per il 2014 la voce "uscite" del bilancio dello Stato fa segnare 825,1 miliardi di euro, cioè il 7,8% in più rispetto al 2013.
A fare la parte del leone, come di consueto, è la spesa corrente, ovvero quella relativa al funzionamento dei servizi pubblici. Per ogni cento euro impiegati dallo Stato, infatti, ben 91 finiscono in questa voce di spesa: un totale da 534,9 miliardi, che determina un aumento del 3,4% rispetto a dodici mesi or sono.
I maggiori buchi neri di spesa si confermano le Regioni. Anche qui, il trend è in aumento. Secondo i dati forniti dalla Corte dei Conti e riportati dal Sole24Ore, «il comparto Regioni e Province autonome fa registrare movimenti di cassa in uscita con ritmo crescente: 210,2 miliardi nel 2011, 201,1 miliardi nel 2012 e 256,1 miliardi nel 2013». Anche qui, il problema è rappresentato dalla spesa corrente. Se infatti nel comparto della spesa per investimenti gli effetti delle varie operazioni di riduzione della spesa si sono fatti sentire (la contrazione complessiva si aggira intorno ai 5,7 miliardi), lo stesso non può dirsi per la spesa corrente, passata da 141,7 miliardi del 2011 ai 144,7 del 2013, con un aumento del 6,69%.
I dati variano sensibilmente da Regione a Regione. Ad esempio, alla voce costi della politica c' è da registrare una forbice molto ampia che va dallo 0,02% della Puglia (che spende 71 euro per ogni mille abitanti) al 7,13% della Calabria (dove per ogni mille abitanti l' esborso arriva a 33mila e rotti euro, pari al 7% delle spese complessive) e al 5,74% della Basilicata (37.057 euro per ogni mille abitanti e incidenza poco inferiore al 6% delle uscite totali). Sorprese anche per quanto riguarda una delle voci più falcidiate dalla spending review, quella per le spese di rappresentanza: a fronte di un calo generalizzato del 40%, si incontrano fenomeni in clamorosa controtendenza come quello del Lazio, dove questa voce di spesa è passata dai 739 milioni del 2011 ai 2,9 miliardi dello scorso anno. Il record di incidenza di queste spese sul bilancio complessivo spetta però alla Valle d' Aosta, che impiega in rappresentanza poco meno dell' 8% del budget totale (10,2 milioni, più di 80mila euro ogni mille abitanti). Numeri assai più pesanti nel settore contratti di servizio, dove sono solo tre (Emilia Romagna, Liguria ed Abruzzo) le Regioniad impiegare una fetta di budget inferiore al 20%. A dominare la classifica sono Molise (45 milioni, pari all' 87% del totale), Puglia (388 milioni, cioè il 78% del bilancio) e Campania (723 milioni ammontanti al 77% del budget).
Il trend di aumento della spesa, infine, non sembra destinato ad invertirsi. Anzi, le cose rischiano di peggiorare. A partire dal decreto che porta la firma del ministro Marianna Madia. Decreto nelle cui pieghe - come rilevato dall' economista Giuliano Cazzola su Formiche.net - si nasconde la possibilità di nuove infornate nella pubblica amministrazione: «È stato abrogato», nota l' ex parlamentare forzista, «il divieto di dare corso ad assunzioni per gli enti che presentino un rapporto tra la spesa per il personale e quella corrente superiore al 50%». Risultato, «ciò determinerà, in Sicilia, la stabilizzazione di buona parte dei 20mila precari».
Fonte: Libero del 19/08/2014 --- https://www.blogger.com/blogger.g?blogID=1720488011884425081#editor/target=post;postID=3891612355494209370
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