domenica 31 agosto 2014

La reiterazione dei contratti a tempo determinato negli Enti Locali ed Istituzionali e nella Regione Siciliana. L’abuso nei confronti dei lavoratori precari.

I contratti a tempo determinato, che coinvolgono l’intera platea dei dipendenti pubblici precari degli Enti Locali ed Istituzionali e della stessa Regione Siciliana, nel caso di abusi per la reiterazione dei contratti a termine oltre il limite massimo di 36 mesi, devono sottostare alla clausola n. 5 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, di cui alla Direttiva Europea n. 70/1999/CE del 28 giugno 1999.
La clausola n. 5, relativa alle misure di prevenzione degli abusi per la reiterazione dei contratti a tempo determinato, dispone:
"1. Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e delle prassi nazionali e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata massima dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.
2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato: a) devono essere considerati successivi; b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato."
In Sicilia, nessuna istituzione pubblica, nella qualità di datore di lavoro dei dipendenti pubblici precari, si è mai preoccupata dell’assurdità stessa che Enti Locali ed Istituzionali e la Regione possano avere bisogno anche dei dipendenti precari (ormai i concorsi pubblici negli Enti sono diventati una chimera!!!), mantenuti per buona sostanza con risorse del Bilancio della Regione Siciliana, per potere continuare ad erogare in maniera efficiente i servizi all’utenza, in modo stabile e permanente per tantissimi anni. Tutto ciò, ovviamente, in contrasto con quanto dispone la Legislazione comunitaria vigente, in materia di abuso di contratti a tempo determinato negli Stati membri dell’Unione Europea.
Cari dipendenti pubblici precari, stiamo parlando, nel totale disinteresse delle Istituzioni regionali e del solito sindacalismo duale, di servizi erogati ai cittadini, che di norma sono già stabiliti dalla Legge, di una quantità di lavoro prevedibile e programmabile e dunque di un organico che dovrebbe essere quello necessario sulla base di una corretta organizzazione amministrativa.
Tuttavia, alla luce di quanto testé affermato, il precariato degli Enti e della Regione Siciliana rappresenta nel 2014 un unicum nel panorama del lavoro pubblico in Italia, dove i contratti a tempo determinato, di durata limitata nel tempo sono stati negli anni (ormai sono 15 – 16 anni di proroghe al 2016, dopo l’entrata in vigore dell’articolo 4 della Legge 30 ottobre 2013 n. 125 cd. Legge D’Alia) continuativamente e reiteratamente prorogati dal 2000, in violazione della Direttiva n.70/1999/CE del 28 giugno 1999.
A tal proposito, quindi, bisogna rimarcare, soprattutto ai soggetti deboli ed abusati – dipendenti pubblici precari- che la mancata applicazione o la non corretta applicazione del diritto comunitario alla fattispecie concreta dei contratti a tempo determinato, stipulati dalla stragrande maggioranza degli Enti e dalla Regione, nel qual caso i precari decidessero di agire in giudizio nei confronti del datore di lavoro pubblico che ha abusato della loro condizione precaria con la reiterazione dei contratti a termine, ciò potrebbe in un futuro imminente comportare pesantissime conseguenze sanzionatorie per gli stessi Enti e per la Regione Siciliana.
A tal riguardo, la stessa Corte di Giustizia dell’ Unione Europea ha precisato che il principio per il quale uno Stato membro, è obbligato a risarcire i danni arrecati ai soggetti lavoratori precari, per violazione del diritto dell’Unione ad esso imputabile, vale con riferimento a qualsiasi ipotesi di violazione del medesimo diritto, qualunque sia l’organo di tale Stato la cui azione od omissione abbia dato origine alla trasgressione.
Occorre aggiungere, inoltre, che quando una violazione del diritto dell’Unione è commessa da un Giudice nazionale, le norme di cui agli articoli 258-260 del TFUE (Trattato di funzionamento dell’Unione Europea), prevedono la facoltà di adire la Corte di Giustizia, affinché venga accertata una siffatta violazione nei confronti dello Stato membro interessato.
Peraltro, gli obblighi comunitari per lo Stato italiano e l’attuazione delle sentenze della Corte di Giustizia, anche in sede di interpretazione pregiudiziale, oltre all’esecuzione delle stesse decisioni della Corte Europea, trovano un preciso presidio nella Legge 24 dicembre 2012 n. 234, in materia di attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea. In particolare, l’articolo 1 (finalità) e l’articolo 43 (diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di Regioni o altri Enti Pubblici responsabili di violazioni del diritto comunitario), non lasciano spazi ad alibi interpretativi, che tendano a vanificare o a ridurre la portata e l’efficacia dell’interpretazione comunitaria nell’Ordinamento statale italiano.
Ritornando ora alla reiterazione dei contratti a tempo determinato sin dall’anno 2000, il comportamento illecito tenuto dagli Enti Locali ed Istituzionali e dalla Regione, sul quale incombe il silenzio della politica e del sindacato duale, ha reso la vita di tanti dipendenti pubblici precari priva delle necessarie tutele, quali la sicurezza del posto di lavoro, la possibilità di crescere nella professionalità e la possibilità di avere lo stesso trattamento giuridico ed economico riconosciuto ai dipendenti strutturati o di ruolo.
Pertanto, a rigore di applicazione della Legislazione comunitaria, statale di recepimento, regionale e contrattuale vigente, in Sicilia il comportamento illecito tenuto da tutti gli Enti Pubblici, ha reso privo di quelle tutele necessarie il lavoro dei dipendenti pubblici precari, e che la sanzione consequenziale a tali comportamenti deve essere tesa a restaurare i lavoratori dei diritti fondamentali loro lesi e dei danni ricevuti in tanti anni di vita lavorativa.
Infatti, se ci trovassimo davanti un datore di lavoro privato, non ci sarebbe dubbio sulla sanzione in caso di reiterazione dei contratti a termine: consisterebbe nella conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato e nella conseguente sanzione economica. Siamo, invece, davanti ad un datore di lavoro pubblico, considerato immune dalla possibilità di subire la conversione del contratto a tempo indeterminato, avendo l’onere di assumere per concorso, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione.
Ma, se analizziamo con la serenità necessaria la Costituzione e la legislazione vigente in materia di assunzioni nella Pubblica Amministrazione regionale, ci accorgiamo che la prima violazione a detto articolo va ascritta proprio alla Pubblica Amministrazione stessa e a tutti gli Enti Pubblici della Regione Siciliana. Reiterare una serie di contratti a tempo determinato per tantissimi anni ad una serie di persone, significa coprire posti in dotazione organica per un lungo periodo, eludendo proprio la regola del concorso pubblico. E’ quindi la stessa Pubblica Amministrazione che viola la regola del concorso pubblico e la elude sistematicamente ricorrendo ai contratti a termine e poi la invoca, per evitare le sanzioni previste in caso di abusi della Legislazione comunitaria vigente.
La stessa regola del concorso pubblico, tanto decantata, non viene affatto violata, posto che l’articolo 97 della Costituzione prevede espressamente la possibilità per il Legislatore ordinario di derogare al principio della concorsualità. Deroga non necessaria, poiché l’articolo 36 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165, come sostituito dall’articolo 49 del Decreto Legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito in Legge 6 agosto 2008 n. 133, prevede che anche le assunzioni a tempo determinato, siano effettuate nel rispetto delle procedure di reclutamento di cui all’articolo 35 del Decreto Legislativo n. 165/2001, in osservanza proprio dell’articolo 97 della Costituzione.
Bisogna rilevare, inoltre, con grande onestà intellettuale prima che con convinzione giuridica, come l’articolo 36 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165, che salva la Pubblica Amministrazione dalla conseguenza sanzionatoria della trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in caso di violazioni di norme imperative, sia precedente all’emanazione del Decreto Legislativo 6 settembre 2001 n. 368, che disciplina la materia del contratto a tempo determinato, in recepimento della Legislazione comunitaria di cui alla Direttiva n. 70/1999/CE.
Infatti, il Decreto Legislativo 6 settembre 2001 n. 368, che regolamenta in Italia l’istituto del contratto a termine, costituisce norma abrogatrice implicita della precedente, in particolare dello stesso articolo 36 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165. Non si comprende, alla luce del diritto comunitario vigente in materia, che non fa alcuna differenza tra datore di lavoro pubblico e/o privato, come si consideri l’articolo 36 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165 norma speciale, senza peraltro motivare perché lo sarebbe, visto che questo si trova all’interno di un Decreto Legislativo di carattere generale sul pubblico impiego.
La sanzione della conversione a tempo indeterminato dei contratti, quindi, non incontrerebbe ostacoli in materia di violazioni di norme imperative, e sarebbe giustificata ampiamente anche alla luce del principio comunitario di uguaglianza e non discriminazione tra dipendenti pubblici a tempo indeterminato e/o a tempo determinato, in servizio negli Stati membri dell’Unione Europea.
Alla luce di quanto sopra evidenziato, qualora un Comune, un qualsiasi Ente Pubblico e/o Istituzionale ricadente nel territorio regionale, la stessa Regione Siciliana, abbiano utilizzato rapporti di lavoro a tempo determinato oltre il limite massimo di 36 mesi consentito dalla Legge, il divieto di costituzione di un rapporto a tempo indeterminato non troverebbe applicazione, perché nella fattispecie non vi sarebbe alcuna violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori. Il limite dei 36 mesi, non riguarderebbe l’assunzione ed i vizi propri del contratto individuale di lavoro, dato che la sanzione per il suo superamento, cioè la costituzione automatica di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sarebbe esterna al contratto di assunzione, di per se legittimo, ed avrebbe lo scopo di prevenire e reprimere l’abusiva reiterazione delle assunzioni a tempo determinato.
Infatti, proprio per evitare il precariato a vita nel pubblico impiego, il Legislatore nazionale costretto dall’Europa, avrebbe previsto un arco temporale di 36 mesi, superato il quale il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato, indipendentemente dalla legittimità o meno del termine apposto al contratto stesso ( articolo 1, comma 40 della Legge 24 dicembre 2007 n. 247).
Ora bisogna che i precari, tutti i precari, in massa, chiedano alla Magistratura del lavoro siciliana di esprimersi su questo abuso colossale di tutti gli Enti nei confronti di dipendenti pubblici discriminati, visto che la Politica regionale del rinvio non vuole affrontare seriamente questo fenomeno eccezionale e dalla stessa creato per il consenso elettorale, con strumenti eccezionali.

Dott. Gaetano Aiello

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MGL - Comunicato Stampa 29 Agosto 2014

MGLOggi sono poche le Amministrazioni che operando con diligenza e senso di responsabilità, si trovano nella condizione di poter rappresentare con certezza lo stato di fatto in relazione a disponibilità di posti in dotazione organica, economie accertate in materia di personale o che si siano preoccupate di valutare percorsi sostenibili sia sotto il profilo finanziario che quello giuridico, atti a tutelare e salvaguardare gli attuali livelli occupazionali e le professionalità acquisite dal personale in forza con contratto a termine e/o utilizzato in ASU.
Dopo aver rinviato per anni ciò che oggi non può essere più rinviato, la varie Amministrazioni Pubbliche sono chiamate ad assumersi le proprie responsabilità nei confronti di centinaia di famiglie siciliane e non c’è alibi che regge, di fronte alle attuali norme nazionali e regionali che regolamentano la materia, se l’ente vuole prorogare i rapporti di lavoro a termine oltre il 31 Dicembre 2014 deve finalizzare la stessa alla possibile assunzione a tempo indeterminato entro il 31 Dicembre 2016 delle unità interessate .
Ma quante assunzioni sono possibili ? quanti enti sono nelle condizioni di poter procedere in questa direzione? sono domande che non possono essere disattese nelle risposte che doverosamente meritano in tempi relativamente brevi .
Come segreteria MGL Regione e Autonomie Locali riteniamo che bisogna procedere senza indugi e rinvii ad acquisire ogni dato utile e indispensabile propedeutico a sviluppare un ragionamento concreto supportato da atti formali che ne determinano la sostanza dei fatti, entro e non oltre la prima decade di Ottobre :
- dotazione organica ,
- eccedenze ed esuberi di personale
- condizioni economiche dell’ente ( rispetto patto stabilità , incidenza percentuale spesa personale su spesa corrente , etc.)
- economie accertate per cessazioni di servizio ,
- adozione piano triennale fabbisogno personale ,
- eventuali mobilità di personale ,
Cercare un approccio diverso al problema, bandendo ogni ragionamento che possa limitare o sviare l’attenzione dal porre in essere le suddette procedure, (quali declassamento personale, assunzioni in blocco, presa in carico personale proveniente da enti diversi, incertezza contributo regione siciliana, etc.) consentirà di avere risposte se pur parziali, consapevoli che al momento necessità impegnare al meglio le poche risorse disponibili evitando per comportamenti ingiustificati o di parte disperderle così come è avvenuto in passato .
Come segreteria MGL Regione e Autonomie Locali a partire dalla giornata di ieri ci siamo già attivati in questa direzione, come anticipato nel precedente comunicato stampa, contattando le amministrazioni interessate, sollecitandole a porre in essere tutti gli atti necessari a riscontrare il dettato normativo di cui all’art 4 commi 6 e 9 della legge 125/2013, contiamo entro l’inizio della prossima settimana di completare il lavoro avviato .    
  
                                                                          Il Segretario Generale
                                                                                   Giuseppe Cardenia

Fonte: http://www.insiemeassociati.it/

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venerdì 29 agosto 2014

Dott. Gaetano Aiello - News precarie - Solo le azioni legittime di difesa dei diritti e non passive di attesa precaria, in Sicilia, faranno la differenza.

Il problema del precariato pubblico in Italia e in modo particolare in Sicilia ha soltanto una soluzione: tenere conto, finalmente, dei tantissimi richiami dell'Unione Europea, per persistente violazione della Direttiva comunitaria n. 70/1999/CE e trasformare a tempo indeterminato i contratti a tempo determinato che hanno superato il limite legale dei 36 mesi. 
Il semplice fatto, del rinvio della stabilizzazione dei centomila precari della Scuola, nel Consiglio dei Ministri di oggi, non può in nessun caso bloccare, tutti i danni che le Pubbliche Amministrazioni verranno chiamate a risarcire ai precari
abusati da oltre 36 mesi  per la reiterata violazione della Legislazione comunitaria  in materia di contratti a termine, vigente nell'Unione Europea.

Tutto questo costerebbe allo Stato e a tutte le Pubbliche Amministrazioni, di gran lunga,  più di quanto costerebbe la stabilizzazione dei precaristante che le risorse per la proroga dei contratti che coprono l'espletamento di servizi collettivi, trovano apposita copertura economica ogni anno.

In Sicilia, in modo particolare, parliamo di contratti a tempo determinato che ad oggi hanno tutti superato il limite legale dei 36 mesi, previsto dalla Legislazione nazionale vigente. Oggi, la loro stabilizzazione, coniugata alla corretta applicazione delle leggi e dei contratti collettivi vigenti, rappresenterebbe un passo fondamentale per le Istituzioni regionali, in quanto eviterebbe che gli stessi precari vengano, prima o poi, stabilizzati dai Giudici del Lavoro, per il superamento del limite dei 36 mesi di servizio espletato nella Pubblica Amministrazione, a seguito della pronuncia favorevole della Corte di Giustizia Europea, attesa per ottobre- novembre 2014.

Infatti, la condanna dello Stato italiano e di conseguenza delle Pubbliche Amministrazioni, degli Enti Locali ed Istituzionali e della stessa Regione Siciliana, a cospicui risarcimenti danni, derivanti da abuso dei contratti a termine, per aver negato lo stesso trattamento giuridico ed economico del personale di ruolo e la conversione dei contratti a tempo indeterminato, avrebbero per la finanza pubblica effetti economico finanziari superiori a quelli derivanti dalla stabilizzazione dei rapporti di lavoro, per violazione di Legge.

Ovviamente, tutto ciò potrebbe verificarsi anche  in Sicilia, se i precari coinvolti, oltre a sostenere in massa le iniziative legislative concrete, che affrontano il problema del precariato a 360 gradi, spronino la Politica regionale, locale e di riflesso anche quella nazionale già chiamata pesantemente in Causa dai precari della Scuola , agendo in massa e tempestivamente nei confronti di tutti gli Enti che in tutti questi anni hanno abusato per più di 36 mesi del loro rapporto di lavoro, per coprire servizi collettivi in maniera permanente ed effettiva e non invece in maniera temporanea.

Solo le  azioni legittime di difesa dei diritti e non passive di attesa precaria, in Sicilia ,faranno la differenza.

                                                                                                                       Dott. Gaetano Aiello

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martedì 26 agosto 2014

Le passività precarie e le solite proroghe che servono per non risolvere il problema del precariato della Regione Siciliana.

Le passività precarie e le solite proroghe che servono per non risolvere il problema del precariato della Regione Siciliana.
In Sicilia, per il Governo regionale del Presidente Crocetta, prevedere un percorso sulle possibili soluzioni per i precari storici, rilevata la passività precaria di oltre 24 mila lavoratori, partendo sempre dalla solita proroga, significa continuare a perpetrare ancora l’abuso di Stato sui cittadini lavoratori, in spregio alla disciplina comunitaria in materia di contratti a termine nell’Unione Europea, Italia e Sicilia comprese.
Qualsiasi possibile soluzione deve necessariamente partire dalla semplice constatazione che negli Enti Locali e negli Enti Pubblici ricadenti sul territorio della Regione Siciliana il limite massimo dei 36 mesi dei contratti a tempo determinato, previsto dalla disciplina comunitaria (in Italia attuata dal Decreto Legislativo 6 settembre 2001 n.368), è stato abbondantemente superato per oltre 4 volte, per cui parliamo di contratti a tempo indeterminato, in quanto non attivati per motivi eccezionali o straordinari, ma per motivi ordinari e permanenti a copertura di posti vacanti nelle dotazioni organiche degli Enti. Prevedere una proroga di tre anni, nell’attesa di trovare una soluzione con un concorsone unico regionale, significa fuorviare il problema per posticipare di affrontarlo oggi in maniera seria e responsabile. Si tratta quindi della stessa medicina propinata due anni fa dal Governo Lombardo, che prevedeva all’articolo 7 comma 1 della Legge Regionale 29 dicembre 2010 n. 24, la proroga di 2 anni nelle more della stabilizzazione dei rapporti di lavoro precario. Stabilizzazione puntualmente non realizzata dagli Enti.
A tal fine, considerando che l’articolo 77, comma 2 della Legge Regionale 28 dicembre 2004 n. 17, è incostituzionale, in quanto in palese contrasto con la clausola 5 della Direttiva comunitaria 1999/70/CE in materia di contratto a termine (ovviamente il semplice motivo che il Commissario dello Stato di allora non lo ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale non significa nulla, stante che la Regione Siciliana, in materia di contratti a termine è soggetta alla disciplina comunitaria e statale) la trasformazione dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato, in applicazione della sanzione prevista in caso di abuso per continue reiterazioni di contratti a termine, non troverebbe alcun ostacolo legislativo.
A tal proposito si possono fare due considerazioni:
1. evidenziando che qualora qualsiasi Ente abbia utilizzato rapporti di lavoro a tempo determinato oltre il limite massimo dei 36 mesi consentito dalla Legge, il divieto di costituzione di un rapporto a tempo indeterminato ( vedi articolo 36 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165, che disciplina i rapporti di lavoro flessibile nella P. A.) non troverebbe applicazione perché nella fattispecie concreta non vi sarebbe alcuna violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione dei lavoratori. Il limite dei 36 mesi, non riguarderebbe l’assunzione ed i vizi propri del contratto di lavoro, dato che la sanzione per il suo superamento, cioè la costituzione automatica di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sarebbe esterna al contratto di assunzione, di per sé legittimo, ed avrebbe lo scopo di prevenire e reprimere l’abusiva reiterazione delle assunzioni a tempo determinato. In ultima analisi, per evitare ( come invece tentano di fare coloro che propongono la proroga triennale nell’attesa della presunta soluzione concorsuale) il precariato a vita dei lavoratori precari del Pubblico Impiego, il Legislatore europeo, saggiamente, avrebbe previsto un arco temporale superato il quale il rapporto si considera a tempo indeterminato, indipendentemente dalla legittimità o meno del termine apposto al contratto stesso;
2. le norme interne dell’Italia, in qualità di Stato membro dell’Unione Europea, del Decreto Legislativo 6 settembre 2001 n. 368 e l’articolo 36 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165, che legittimano i contratti a termine nel Pubblico Impiego, in presenza di occasioni di lavoro palesemente stabili ( come nel caso dei precari degli Enti Locali e degli Enti Pubblici della Regione che hanno occupato in maniera permanente dei posti vuoti nelle dotazioni organiche e che non hanno certamente la caratteristica della temporaneità e dell’eccezionalità della copertura di tali posti vacanti), pongono i lavoratori precari in una situazione, per quanto concerne il rapporto di lavoro, ingiustificatamente peggiore di quella in cui sono posti i dipendenti con contratto a tempo indeterminato. Il tutto in violazione del principio di non discriminazione, previsto dalla Legislazione comunitaria vigente in materia.
In materia di precariato nel pubblico impiego mi permetto di fare le seguenti osservazioni:
1. Il Governo nazionale del 2006 e mi riferisco al Governo Prodi, guidato da un uomo di centrosinistra, con due Leggi Finanziarie del 2007 e del 2008, aveva intrapreso la via maestra per ridurre negli anni il fenomeno del precariato pubblico, attraverso la stabilizzazione dei precari con un rapporto di lavoro a tempo determinato di almeno tre anni nella P. A. La Regione Siciliana, alla luce della suddetta normativa statale favorevole per la stabilizzazione dei precari siciliani, stranamente, non è intervenuta con propria Legislazione in materia per poter avviare il processo di stabilizzazione dei lavoratori precari siciliani. Cosa ci fa pensare che oggi la Regione intervenga seriamente, se il Governo Regionale in carica non ha ancora uno straccio di proposta propria per affrontare seriamente il problema, ma va a ruota del Governo nazionale che in materia di precariato della P. A., continua a collezionare procedure di infrazione per abuso di contratti a termine davanti alla Corte di Giustizia Europea?
2. Lo Stato potrebbe intervenire oggi, alla luce della disciplina europea in materia, riproponendo una Legge Prodi bis, oppure sanare una situazione di continui abusi ai danni dei lavoratori precari, consistenti nel reiterare nel tempo, ormai da oltre 13 anni i contratti a termine. Basterebbe definire meglio la stabilizzazione del rapporto di lavoro precario e non considerarla come una nuova assunzione, alla luce del rispetto dei vincoli di bilancio, se realizzata ad invarianza dei saldi di finanza pubblica ( vedi in materia l’articolo 13 comma 1 della stessa Legge Regionale 29 dicembre 2010 n. 24).
Affrontare oggi, in maniera emergenziale con le solite proroghe il problema precariato in Sicilia, significa non tenere conto del continuo abuso di Stato nei confronti di dipendenti che lavorano al suo servizio in condizione di precarietà da oltre 13 anni, occupando in maniera permanente i posti vacanti nelle dotazioni organiche degli Enti. Mi piacerebbe capire quando sono state impugnate norme in materia di precariato, se è dal Dopoguerra che in Sicilia si entra nella P. A. con concorsi sanatoria, a dir poco discutibili o con stabilizzazioni di massa?
Le proposte del Vice Presidente dell’ARS Venturino, dell’On. Gianni e dell’On. Cimino, firmatari dei disegni di legge sul precariato, mirano a riconoscere la professionalità acquisita dai lavoratori precari in tanti anni di precariato prevedendo, in base alla Legislazione comunitaria vigente in materia di contratto a termine, il rapporto di lavoro che supera il limite dei 36 mesi, deve essere considerato a tempo indeterminato.
Nel Disegno di Legge n. 742 presentato, la novità qualificante è rappresentata dal ruolo unico ad esaurimento, rivolto ai precari che da oltre 13 anni lavorano nella P. A. e che contempla meccanismi di stabilizzazione negli Enti, attraverso l’individuazione dei posti in dotazione organica. Nel caso in cui i posti in previsione nelle dotazioni organiche siano già completi, si prevede la creazione di un ruolo sopranumerario che consenta a tali lavoratori di continuare il rapporto di lavoro con gli Enti, attraverso la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, favorendo la valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita con un rapporto di lavoro continuativamente ininterrotto e che ha abbondantemente superato, malgrado l’articolo 77 comma 2 della Legge Regionale 28 dicembre 2004 n. 17 ( questo sicuramente incostituzionale, in quanto non può superare né la Direttiva 1999/70/CE, né l’articolo 5 comma 4 bis del Decreto Legislativo 6 settembre 2001 n. 368 , come già riconosciuto dalla Regione Siciliana stessa con l’approvazione dell’articolo 5 comma 2 della Legge Regionale 29 dicembre 2010 n. 24), il limite massimo dei 36 mesi previsto dalla Legislazione italiana, in applicazione della Legislazione comunitaria vigente in materia. Naturalmente, sia il ruolo unico ad esaurimento che il ruolo sopranumerario, non devono comportare aggravi di finanza pubblica, in quanto la stabilizzazione del rapporto di lavoro precario dovrà avvenire necessariamente ad invarianza dei saldi di finanza pubblica. In materia , invece, il Disegno di Legge n. 741, mira ad estendere la Legislazione regionale e statale, prevista dei lavoratori precari anche ai lavoratori socialmente utili o ASU.
A tal fine, se vogliamo ragionare sulle possibili soluzioni, non dobbiamo parlare di proroghe nell’attesa di….ma rimboccarci le maniche oggi a tutti i livelli. Occorre che l’Assemblea Regionale, il Governo della Regione con il coinvolgimento dello Stato, le Rappresentanze Sindacali liberi dal dualismo sindacale che li ha sempre contraddistinti in materia di precariato pubblico, persone di buona volontà e giudici che accertino anche la persistente violazione del buon senso istituzionale dello Stato, che in tanti anni non è riuscito a trovare soluzioni, ma ha continuato, invece, ad alimentare precarietà spacciandola per flessibilità, pongano fine a questo calvario istituzionale di Stato anche per un senso di civiltà.
Le proposte e le soluzioni individuate nel DDL n. 741 e nel DDL n. 742, sono al vaglio delle istituzioni parlamentari e non sono le sole possibili, a condizione che tutte le proposte partano dalla semplice constatazione dell’applicazione del diritto comunitario vigente in materia.
Pertanto le proposte di soluzioni presentate hanno anche l’obiettivo di superare l’articolo 30 della Legge Regionale 28 gennaio 2014 n. 5, il quale non rappresenta una soluzione al problema , bensì un ulteriore posticipo, per via dell’ennesima proroga dei contratti a tempo determinato.
I due DDL, cercano di affrontare la questione del precariato degli Enti Locali e degli Enti Pubblici della Regione, senza avere la presunzione di avere la bacchetta magica ( che invece sembrano avere sempre gli altri!!) ma con senso di responsabilità e con la giusta misura. La proposta parte dal riconoscere che i precari dopo tanti anni di precariato al servizio degli Enti hanno occupato dei ruoli chiave nella loro macchina amministrativa, per cui sono stati utilizzati da quest’ultimi come manodopera a basso costo (tanto paga la Regione!!). Gli Enti non li hanno mai voluti stabilizzare seriamente, appigliandosi quasi sempre a cavilli legislativi di comodo, voluti anche dalla caotica Legislazione regionale in materia, perseguita dai Governi regionali che da più di vent’anni ad oggi si sono succeduti.
La problematica, infine, per la sua naturale complessità, va affrontata senza raggiri, non in modo demagogico con le solite e reiterate proroghe dei contratti a termine, tante care a certa politica regionale, che mettendo polvere sotto il tappeto, cerca di attribuire le colpe del fenomeno precariato in Sicilia solo ai precari che sono tanti, dimenticandosi presto che i lavoratori sono solo vittime di un sistema politico marcio che li ha usati e che vorrebbe continuare ad usarli. Oggi il Governo regionale e l’Assemblea Regionale, hanno l’occasione di voltare pagina per affrontare seriamente il problema e ricercare le possibili soluzioni, senza fare macelleria sociale, ma prescindendo dalle solite proroghe dei contratti a termine, attraverso una programmazione triennale della stabilizzazione dei rapporti di lavoro precario.

Dott. Gaetano Aiello     

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mercoledì 20 agosto 2014

GIORNALE DI SICILIA - Precari degli enti locali, svolta sulle assunzioni in Sicilia


Le novità contenute nella riforma della pubblica amministrazione. Via libera anche a nuovi contrattisti. A Roma aboliti i principali paletti alla spesa dei Comuni. I sindaci: ora è più facile stabilizzare, ma la Regione garantisca i fondi




di RICCARDO VESCOVO
PALERMO. La svolta è arrivata a cavallo di Ferragosto ed è quasi passata inosservata. Ma per i 22.500 precari degli enti locali siciliani la stabilizzazione questa volta potrebbe essere davvero a un passo. È l’effetto della riforma della pubblica amministrazione diventata da poco legge, nella quale alcune norme ammorbidiscono quei paletti che per anni hanno impedito la stabilizzazione dei contrattisti. Comuni e Regioni potranno in sostanza assumere più facilmente senza dover rispettare gli stringenti vincoli di bilancio. «Le norme si applicano subito anche in Sicilia - chiarisce Giuseppe Morale, dirigente del dipartimento Autonomie locali - di certo creano le condizioni per stabilizzare questa platea di contrattisti». I sindacati mostrano ottimismo, col Movimento dei giovani lavoratori che da qualche giorno sta studiando gli effetti della norma nell’Isola: «Senza questi vincoli - dice Massimo Bontempo - i Comuni potranno procedere con le assunzioni senza sforare la spesa». Ma l’Anci Sicilia, l’associazione dei sindaci, chiede certezze alla Regione, che fino ad oggi ha garantito il sostegno finanziario agli enti locali stanziando i 260 milioni di euro annui necessari al pagamento degli stipendi. «È vero, grazie alla riforma - spiega Paolo Amenta, vicepresidente dell’Anci - sarà molto più semplice assumere i lavoratori, ma prima di procedere con le stabilizzazioni vogliamo firmare un accordo col governo regionale che ci garantisca l’erogazione dei fondi anche quando i dipendenti saranno a carico nostro. Quale sindaco assumerebbe oggi un contrattista col rischio che la Regione possa tagliare il giorno dopo il finanziamento?».
La notizia intanto è stata accolta con entusiasmo dai ventimila contrattisti che da vent’anni lavorano nella pubblica amministrazione con stipendi tra i 600 e i mille euro. «La stabilizzazione offrirebbe loro maggiori garanzie ad esempio nella richiesta di un prestito in banca» spiega Amenta. La svolta potrebbe arrivare proprio dal dl 90/2014, quello sulla riforma della pubblica amministrazione del ministro Marianna Madia, da poco divenuto legge. Il primo paletto caduto riguarda il limite alle assunzioni negli enti locali che dovevano rispettare il patto di stabilità, cioè il tetto alla spesa fissato per rispettare i bilanci. La norma vietava qualsiasi forma di assunzione ai Comuni nei quali l’incidenza delle spese di personale fosse pari o superiore al 50 per cento delle spese correnti, cioè legate a funzionamento e altri servizi. Questo vincolo è decaduto. Altra deroga riguarda la possibilità per gli enti locali, nel 2014 e 2015, di procedere ad assunzioni rispettando il limite del 60 per cento della spesa di personale cessato l’anno precedente. Questo tetto sale all’80 per cento nel 2016 e nel 2017 e arriva al cento per cento a partire dal 2018, quando per ogni dipendente che andrà in pensione in pratica i sindaci potranno subito assumerne un altro. Ma c’è di più: fino ad oggi i Comuni dovevano contenere ogni anno la spesa per il personale che quindi doveva progressivamente essere ridotta. Adesso, a partire dal 2014, il parametro di riferimento non sarà più l’anno precedente ma il valore medio del triennio appena trascorso.
La riforma della pubblica amministrazione porta in dote anche altre novità che aiuteranno il turn over del personale nella pubblica amministrazione. Sempre tenendo d’occhio l’equilibrio di bilancio, per coprire i posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, i Comuni potranno ricorrere a contratti a tempo determinato, in misura non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica. Novità in vista anche nei piccoli Comuni turistici con una popolazione tra i mille e i cinquemila abitanti: a partire dal 2014 potranno assumere personale per potenziale i servizi di polizia locale, per far fronte, ad esempio, all’aumento di turisti nella stagione estiva.
Fonte: http://www.gds.it/gds/sezioni/politica/dettaglio/articolo/gdsid/368454/

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martedì 19 agosto 2014

La Madia dà alle Regioni licenza di assumere. La Sicilia può regolarizzare 20 mila precari


Più la mandi giù (a parole) e piu lei torna su. La spesa pubblica italiana - con buona pace degli annunci di tagli, spending review e sforbiciamenti assortiti - non accenna a diminuire. Per il 2014 la voce "uscite" del bilancio dello Stato fa segnare 825,1 miliardi di euro, cioè il 7,8% in più rispetto al 2013.
A fare la parte del leone, come di consueto, è la spesa corrente, ovvero quella relativa al funzionamento dei servizi pubblici. Per ogni cento euro impiegati dallo Stato, infatti, ben 91 finiscono in questa voce di spesa: un totale da 534,9 miliardi, che determina un aumento del 3,4% rispetto a dodici mesi or sono.
I maggiori buchi neri di spesa si confermano le Regioni. Anche qui, il trend è in aumento. Secondo i dati forniti dalla Corte dei Conti e riportati dal Sole24Ore, «il comparto Regioni e Province autonome fa registrare movimenti di cassa in uscita con ritmo crescente: 210,2 miliardi nel 2011, 201,1 miliardi nel 2012 e 256,1 miliardi nel 2013». Anche qui, il problema è rappresentato dalla spesa corrente. Se infatti nel comparto della spesa per investimenti gli effetti delle varie operazioni di riduzione della spesa si sono fatti sentire (la contrazione complessiva si aggira intorno ai 5,7 miliardi), lo stesso non può dirsi per la spesa corrente, passata da 141,7 miliardi del 2011 ai 144,7 del 2013, con un aumento del 6,69%.
I dati variano sensibilmente da Regione a Regione. Ad esempio, alla voce costi della politica c' è da registrare una forbice molto ampia che va dallo 0,02% della Puglia (che spende 71 euro per ogni mille abitanti) al 7,13% della Calabria (dove per ogni mille abitanti l' esborso arriva a 33mila e rotti euro, pari al 7% delle spese complessive) e al 5,74% della Basilicata (37.057 euro per ogni mille abitanti e incidenza poco inferiore al 6% delle uscite totali). Sorprese anche per quanto riguarda una delle voci più falcidiate dalla spending review, quella per le spese di rappresentanza: a fronte di un calo generalizzato del 40%, si incontrano fenomeni in clamorosa controtendenza come quello del Lazio, dove questa voce di spesa è passata dai 739 milioni del 2011 ai 2,9 miliardi dello scorso anno. Il record di incidenza di queste spese sul bilancio complessivo spetta però alla Valle d' Aosta, che impiega in rappresentanza poco meno dell' 8% del budget totale (10,2 milioni, più di 80mila euro ogni mille abitanti). Numeri assai più pesanti nel settore contratti di servizio, dove sono solo tre (Emilia Romagna, Liguria ed Abruzzo) le Regioniad impiegare una fetta di budget inferiore al 20%. A dominare la classifica sono Molise (45 milioni, pari all' 87% del totale), Puglia (388 milioni, cioè il 78% del bilancio) e Campania (723 milioni ammontanti al 77% del budget).
Il trend di aumento della spesa, infine, non sembra destinato ad invertirsi. Anzi, le cose rischiano di peggiorare. A partire dal decreto che porta la firma del ministro Marianna Madia. Decreto nelle cui pieghe - come rilevato dall' economista Giuliano Cazzola su Formiche.net - si nasconde la possibilità di nuove infornate nella pubblica amministrazione: «È stato abrogato», nota l' ex parlamentare forzista, «il divieto di dare corso ad assunzioni per gli enti che presentino un rapporto tra la spesa per il personale e quella corrente superiore al 50%». Risultato, «ciò determinerà, in Sicilia, la stabilizzazione di buona parte dei 20mila precari».

Fonte: Libero del 19/08/2014 --- https://www.blogger.com/blogger.g?blogID=1720488011884425081#editor/target=post;postID=3891612355494209370






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giovedì 14 agosto 2014

CONTRATTI FLESSIBILI E TUTELE POSSIBILI - TUTTI I VIDEO - I maggiori esperti di diritto del lavoro, CONVEGNO 20 06 2014

BUON ULTIMO FERRAGOSTO 
DA PRECARI !)




Sergio Galleano  

(Avvocato del Foro di Milano)
L'attuale disciplina del lavoro a termine nel pubblico impiego

Paolo Coppola

(Giudice del Lavoro Tribunale di Napoli)
I lavori socialmente utili e le altre forme di lavoro flessibili


Lorenzo Maria Dentici

(Aggregato di diritto del lavoro all'università di Palermo)
Lavoro a termine e possibili interferenze della legislazione regionale



Vincenzo De Michele


(Avvocato del Foro di Foggia)
La disciplina delle tutele in sede europea.



Giuseppe Bronzini


(Giudice della Corte di Cassazione e curatore del sito  europeanrights.eu.)
Le prospettive delle tutele europee del lavoro nel dialogo tra le Corti



Marcello Pacifico

(Segretario Confedir, presidente ANIEF.)
La tutela dei diritti nel capitalismo finanziario globale:quale prospettiva per la UE.



CORRELATE: 

ARS - Precariato. Incardinati i due ddl in V Commissione. Venturino: “Governo e Commissione gettino la maschera”


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mercoledì 6 agosto 2014

L'Asp non rinnova i contratti, i precari diffidano Sirna


L'Asp non rinnova i contratti, i precari diffidano Sirna 


06/08/2014
Il direttore generale dell’Asp Sirna ha deciso di non rinnovare i contratti dei 110 precari della sanità in scadenza sabato 16. Sarebbe pronto a sostituirli con altri precari. I lavoratori, che sono peraltro i primi della graduatoria, hanno inviato una diffida all’azienda.

L'Asp non rinnova i contratti, i precari diffidano Sirna
Erano in attesa di una buona notizia, ne hanno ricevuta una pessima. E ora sono arrabbiati e decisi ad andare fino in fondo per difendere i propri diritti.
I contratti dei 110 precari della sanità in scadenza la prossima settimana non saranno rinnovati. Lo ha deciso il direttore generale dell’Asp Gaetano Sirna, scatenando l’immediata reazione dei lavoratori che aspettavano la proroga e si troveranno invece di nuovo disoccupati. Ieri pomeriggio i precari hanno incontrato Sirna per chiedere chiarimenti sul loro futuro. I loro contratti semestrali, già rinnovati a febbraio, scadono sabato 16. In teoria – seguendo le direttive dell’assessorato regionale – l’asp avrebbe potuto rinnovarli ancora. E invece il direttore generale ha spiegato ai precari che stavolta non lo farà. Darà invece spazio ad altri precari, quelli che in graduatoria seguono questi 110 e che pare abbiano già ricevuto i telegrammi di convocazione dell’azienda. Così è esplosa la protesta dei lavoratori in scadenza di contratto che si sono rivolti all’avvocato Rodolfo Nesci e hanno inviato una diffida al direttore dell’azienda sanitaria.
Nella diffida, inviata per conoscenza anche all’assessorato regionale e alla corte dei conti, si spiegano le ragioni di questi lavoratori e si contestano le motivazioni della scelta. I nuovi contratti creerebbero nuovi precari, cosa che il governo ha invece bloccato, c’è l’ipotesi del danno erariale e il rischio di incorrere in sanzioni, considerato che c’è anche una direttiva dell’unione europea che impone la stabilizzazione dei precari esistenti.
La battaglia è appena iniziata, la palla passa all’Asp. Che dovrà decidere cosa fare e provare a risolvere una situazione che rischia di diventare esplosiva.

 Fonte: http://www.gazzettadelsud.it/news/103247/L-Asp-non-rinnova-i-contratti-i-precari-diffidano-Sirna--.html

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martedì 5 agosto 2014

La Cgil denuncia Renzi alla commisione europea

il Giornale, ultime notizie

La Cgil denuncia Renzi alla commisione europea  

La Camusso fa ricorso alla commisione Ue contro la riforma del lavoro: "Serve solo ad aumentare i precari"

 - Mar, 05/08/2014 - 17:37
Susanna Camusso ha denunciato Matteo Renzi. L'esposto contro la riforma del lavoro varata dal ministro Giuliano Poletti è stato presentato oggi alla Commissione Ue.
Secondo il sindacato, infatti, il decreto contrasterebbe con la disciplina europea.
"Eliminando l’obbligo di indicare una causale nei contratti a termine - tuona la Cgil - sposta la prevalenza della forma di lavoro dal contratto a tempo indeterminato a tempo determinato, in netto contrasto con la disciplina europea che, al contrario, sottolinea l’importanza della 'stabilità dell’occupazione come elemento portante'". Stando a quanto scrive il sindacato della Camusso, il ricorso farebbe leva su fonti normative ma anche su sentenze già emanate dalla Corte di Giustizia europea su normative analoghe, come quella greca che pur faceva riferimento a contratti a causali di durata massima inferiore a quelli oggi introdotti dalla Riforma del Lavoro italiana. "Quattro i punti principali su cui si basa il ricorso - spiegano dalla Cgil - la causalità per il ricorso ai contratti a terminerappresentava un argine contro un loro utilizzo improprio". E ancora: "eliminarne la motivazione lascia spazio a usi impropri che penalizzano il soggetto debole, cioè il lavoratore". Secondo il sindacato, inoltre, "il combinato disposto di acausalità, rinnovi e proroghe espone il lavoratore al rischio di non riuscire a firmare mai un contratto 'stabile' indicato come 'contratto comune' proprio dalla normative europee, con forti penalizzazioni soprattutto per i soggetti più 'a rischio', lavoratori over 50 e donne; si introduce un’assoluta discrezionalità rispetto ai licenziamenti". Infine, non ci sarebbe alcuna prova statistica che "all’aumento della precarietà corrisponda un aumento dell’occupazione".
Per la Cgil l'obiettivo della denuncia sarebbe "cambiare norme che stanno penalizzando fortemente i giovani e i soggetti più deboli rendendo più vulnerabili socialmente e economicamente generazioni di lavoratori".

 Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/politica/cgil-denuncia-renzi-commisione-europea-1043086.html

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sabato 2 agosto 2014

TFR. Trattenuta illegittima: a Treviso rimborsi per 150 docenti. Gilda vince ricorso

TFR: a Treviso Gilda vince ricorsi contro trattenuteUfficio Stampa Gilda - Illegali le trattenute per il Tfr, lo Stato dovrà restituire ai docenti le somme decurtate dalle buste paga negli ultimi 5 anni. A stabilirlo è il giudice del lavoro di Treviso che ha confermato i decreti ingiuntivi presentati da 150 professori della provincia veneta patrocinati dalla Gilda degli Insegnanti.
La Gilda di Treviso aveva avviato la battaglia legale nel marzo 2013 con un'azione collettiva contro l'illegittima trattenuta del 2,5 per cento: una media di 40 euro al mese che, moltiplicati per gli anni di servizio, arriva a
circa 2500 euro a testa. Ed è questa la cifra che adesso lo Stato dovrà rimborsare ai docenti.
“La Gilda è il primo sindacato in Italia ad aver scelto questa strada – afferma Michela Gallina, coordinatrice provinciale – e questa è una sentenza storica perchè ha riconosciuto il diritto dei lavoratori della scuola a non essere discriminati rispetto ai dipendenti privati, ponendosi quindi in linea con la sentenza della Corte Costituzionale emessa nel 2012 che ha equiparato i lavoratori pubblici a quelli privati in materia di Tfr”.
FONTE: http://www.gildains.it/news/dettaglio.asp?idcat=0&plug=motore&area=news&id=3550


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