martedì 7 gennaio 2014

Dott. Gaetano Aiello - Questa volta la parte del manico potrebbe essere precaria!!

Questa volta la parte del manico potrebbe essere precaria!!
La Legislazione statale in materia di stabilizzazione del personale precario, titolare di contratti a tempo determinato nella Pubblica Amministrazione, trae origine dall’articolo 1 commi 519 e 558 della Legge 27 dicembre 2006 n. 296, dall’articolo 3 comma 90 della Legge 24 dicembre 2007 n. 244, dall’articolo 17 commi 10, 11 e 12 del Decreto Legge 01 Luglio 2009 n. 78, convertito con modifiche ed integrazioni, in Legge 03 agosto 2009 n. 102 e dall’articolo 1, comma 401 della Legge 24 dicembre 2012 n. 228.

In Sicilia, la Regione ha dato inizio al processo di stabilizzazione sistematico di tutto il personale precario,  in possesso dei requisiti di Legge ed in servizio nelle Istituzioni regionali e negli Enti Locali, a seguito dell’emanazione della Legge Regionale 29 dicembre 2010 n. 24.

Recentemente il Legislatore statale, visto il proliferarsi del contenzioso del lavoro di massa, avviato dal personale precario delle Pubbliche Amministrazioni, che ha superato tra proroghe e rinnovi il limite massimo di 36 mesi consentito dalla Direttiva n. 70/1999/CE e dalla Legge (Decreto Legislativo 6 settembre 2001 n. 368, articolo 5, comma 4 bis), ha adottato il Decreto Legge 31 agosto 2013 n. 101, convertito con modifiche ed integrazioni in Legge 30 ottobre 2013 n. 125, che rappresenta un timido tentativo per arginare il fenomeno del precariato della Pubblica Amministrazione, introducendo nell’Ordinamento l’istituto del reclutamento speciale transitorio finalizzato.

Pertanto, la stessa Legge Regionale 29 dicembre 2010 n. 24, in virtù dell’adeguamento dinamico delle norme in materia di stabilizzazione, già dovrebbe essere applicata dalle Pubbliche Amministrazioni ricadenti nel territorio siciliano, di concerto con le nuove disposizioni di cui al Decreto Legge 31 agosto 2013 n. 101, convertito con modifiche in Legge 30 ottobre 2013 n. 125, in materia di pubblico impiego.

 In materia di stabilizzazione, bisogna rilevare, che a determinare il fenomeno del precariato delle Pubbliche Amministrazioni della Regione Siciliana, ha concorso negli anni un uso distorto delle forme di lavoro flessibile. La stessa Legge Regionale, all’articolo 5, comma 2, per rispettare le disposizioni statali vigenti che trovano origine nella disciplina comunitaria in materia di contratti a tempo determinato negli Stati membri dell’Unione Europea, ha dovuto prevedere che: “l’utilizzo dei contratti di lavoro flessibile è consentito nei limiti previsti dall’articolo 36 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165 e nel rispetto dei principi previsti dal Decreto Legislativo 06 settembre 2001 n. 368”.

Di fatto, anche in conseguenza del blocco del turn over nel pubblico impiego, disposto dalle Leggi di stabilità degli ultimi anni, le Pubbliche Amministrazioni ricadenti nel territorio della Regione e soprattutto parecchi Enti Locali, hanno fatto sempre più frequentemente ricorso a rapporti di lavoro flessibili a tempo determinato, per coprire le carenze delle proprie dotazioni organiche, determinando, laddove la durata dei rapporti di lavoro si sia ingiustificatamente protratta oltre 36 mesi, una distorsione dell’originaria ratio dei contratti a termine medesimi.

Pertanto, per aggirare il divieto legislativo di procedere a nuove assunzioni, le Pubbliche Amministrazioni siciliane, hanno dovuto necessariamente utilizzare i contratti a tempo determinato, anche commettendo degli abusi secondo la disciplina comunitaria vigente, per fronteggiare non già esigenze eccezionali e straordinarie, ma per esigenze stabili e continuative relative all’attività di ordinaria amministrazione.

A tal proposito, la stessa Circolare Ministeriale 21 novembre 2013 n. 5 del Dipartimento della Funzione Pubblica, esplicativa dell’ultimo intervento legislativo in ordine cronologico dello Stato rappresentato dal Decreto Legge 31 agosto 2013 n. 101 (c.d. Decreto D’Alia),  evidenzia con grande realismo il tema del precariato nel pubblico impiego come di seguito testualmente riportato:

“ Non è superfluo evidenziare che il tema del precariato è particolarmente emergente in quanto:
 determina situazioni incompatibili con i principi dell’articolo 97 della Costituzione che sono alla base dell’organizzazione e del corretto funzionamento delle Amministrazioni Pubbliche, ma anche con quelli dell’articolo 1 e 4 della Carta Costituzionale che il datore di lavoro pubblico, ancor più di quello privato, ha l’obbligo da rispettare;
favorisce il proliferare di contenzioso che sempre più diffusamente vede le Amministrazioni Pubbliche soccombenti. La giurisprudenza lavoristica di questi anni  sentenzia nei confronti delle Amministrazioni Pubbliche anche l’obbligo di conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro a tempo determinato che ha superato i 36 mesi, con un’applicazione diretta dei principi che scaturiscono dall’Ordinamento comunitario in materia. Tale obbligo di conversione, essendo statuito da sentenze immediatamente esecutive, altera ogni controllo sulla spesa pubblica. Tale controllo è, altresì, compromesso anche laddove i giudici del lavoro riconoscano la specialità del lavoro pubblico e non sentenziano per la conversione del rapporto di lavoro, condannando, nei casi di abuso nell’utilizzo dei contratti a tempo determinato, le Pubbliche Amministrazioni al risarcimento del danno;
sono sempre più pressanti gli effetti delle procedure di infrazione avviate, in sede comunitaria, nei confronti dell’Italia per il fenomeno del precariato storico nella Pa;
si riflette sulla responsabilità amministrativa e dirigenziale in caso di accertato utilizzo improprio del lavoro flessibile, atteso, tra l’altro, che le Amministrazioni hanno l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave;
si riflette, non da ultimo, sul piano sociale e sulla dignità dei lavoratori.”

Ovviamente, quanto sopra evidenziato nella premessa della Circolare Ministeriale incentiva il pubblico dipendente precario ad avviare una stagione di contenziosi di massa con le Pubbliche Amministrazioni e soprattutto con gli Enti Locali, ricadenti nel territorio della Regione Siciliana.

Oggi, dopo le ultime notizie che arrivano dalla Corte di Giustizia Europea e rese pubbliche dal pool di avvocati che segue le vertenze di migliaia di precari della Pubblica Amministrazione (avv. De Michele, avv. Ganci, avv. Miceli coordinati dall’avv. Galleano), è venuto fuori chiaramente che lo Stato membro Italia ha violato sistematicamente la Direttiva Europea n. 70/1999/CE, in materia di disciplina dei contratti a termine negli stati dell’Unione, in quanto la Legislazione italiana e di conseguenza quella  regionale vigenti in materia, negano le tutele effettive contro gli abusi nell’utilizzazione dei contratti a tempo determinato alle dipendenze degli Enti Pubblici, in particolar modo negli Enti Locali della Regione.

Alla luce di quanto sta accadendo in Corte di Giustizia e dalle anticipazioni della stessa Circolare Ministeriale del Ministro D’Alia, visto che lo Stato tarda ad adeguare la Legislazione nazionale a quella comunitaria, adducendo ragioni finanziarie che non possono essere assunte come giustificazioni per aggirare le norme sovranazionali, spetterà al Giudice nazionale fare rispettare il diritto comunitario ed applicare le relative sanzioni, in caso di abuso nell’utilizzo dei contratti a tempo determinato nella Pubblica Amministrazione. Il Giudice nazionale ha l’obbligo di applicare integralmente il Diritto dell’Unione disapplicando le disposizioni legislative eventualmente contrastanti della Legge nazionale o interpretando le disposizioni nazionali in modo da consentire l’attuazione del Diritto dell’Unione Europea.

Il ricorso ai contratti a tempo determinato in maniera permanente e durevole (14 anni), da parte delle Pubbliche Amministrazioni ricadenti nel territorio della Regione e in tantissimi Enti Locali, viola la stessa premessa dell’Accordo quadro sul contratto a tempo determinato, di cui alla Direttiva n. 70/1999/CE, volto a favorire la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Oggi, urge una soluzione definitiva sul precariato pubblico siciliano da parte della Regione Siciliana, che non può più trincerarsi dietro l’articolo 97 e l’articolo 117, comma 2, lett. l) della Costituzione, dietro la disapplicazione in Sicilia della Direttiva n. 70/1999/CE, oppure alle limitazioni statali del Decreto Legislativo 06 settembre 2001 n. 368, in materia di pubblico impiego, in quanto getterebbe nella spirale del contenzioso di massa, non solo i dipendenti precari, ma soprattutto parecchi Comuni ed Istituzioni dell’Isola, con conseguenze catastrofiche.

Pertanto, urge avviare subito un serio dibattito politico che coinvolga istituzioni regionali e locali, per poter arrivare ad una soluzione definitiva dopo l’approvazione della Legge di stabilità regionale per il 2014, senza perciò aspettare che si arrivi di nuovo all’ennesima proroga, in quanto per parecchi Comuni, Aziende, Istituzioni regionali e comunque Pubbliche Amministrazioni siciliane, potrebbe spuntare la non bella sorpresa che questa volta il manico del coltello potrebbe essere precario!!


Dott. Gaetano Aiello

                                                                                 
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1 commento:

  1. Credo che la stabilizzazione per i lavoratori a tempo determinato negli Enti Locali in Sicilia sia molto vicina grazie alla Corte di Giustizia Europea

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