Questa volta la parte del manico potrebbe essere
precaria!!
La Legislazione statale in
materia di stabilizzazione del personale precario, titolare di contratti a
tempo determinato nella Pubblica Amministrazione, trae origine dall’articolo 1
commi 519 e 558 della
Legge 27 dicembre 2006 n. 296, dall’articolo 3
comma 90 della
Legge 24 dicembre 2007 n.
244, dall’articolo 17 commi 10, 11 e 12 del
Decreto Legge 01 Luglio 2009 n. 78, convertito con modifiche ed
integrazioni, in
Legge 03 agosto 2009 n.
102 e dall’articolo 1, comma 401 della
Legge 24 dicembre 2012 n. 228.
In Sicilia, la Regione ha dato inizio al processo di
stabilizzazione sistematico di tutto il personale precario, in possesso dei requisiti di Legge ed in
servizio nelle Istituzioni regionali e negli Enti Locali, a seguito
dell’emanazione della Legge Regionale
29 dicembre 2010 n. 24.
Recentemente il Legislatore
statale, visto il proliferarsi del
contenzioso del lavoro di massa, avviato dal personale precario delle
Pubbliche Amministrazioni, che ha superato tra proroghe e rinnovi il limite
massimo di 36 mesi consentito dalla Direttiva
n. 70/1999/CE e dalla Legge (Decreto
Legislativo 6 settembre 2001 n. 368,
articolo 5, comma 4 bis), ha adottato il Decreto
Legge 31 agosto 2013 n. 101,
convertito con modifiche ed integrazioni in Legge 30 ottobre 2013 n. 125, che rappresenta un timido tentativo per arginare il
fenomeno del precariato della Pubblica Amministrazione, introducendo
nell’Ordinamento l’istituto del reclutamento
speciale transitorio finalizzato.
Pertanto, la stessa Legge Regionale 29 dicembre 2010 n. 24,
in virtù dell’adeguamento dinamico delle
norme in materia di stabilizzazione, già dovrebbe essere applicata dalle
Pubbliche Amministrazioni ricadenti nel territorio siciliano, di concerto con le nuove disposizioni di cui al Decreto
Legge 31 agosto 2013 n. 101, convertito con modifiche in Legge 30 ottobre 2013
n. 125, in materia di pubblico impiego.
In materia di stabilizzazione, bisogna
rilevare, che a determinare il fenomeno del precariato delle Pubbliche
Amministrazioni della Regione Siciliana, ha concorso negli anni un uso distorto delle forme di lavoro
flessibile. La stessa Legge Regionale, all’articolo 5, comma 2, per
rispettare le disposizioni statali vigenti che trovano origine nella disciplina
comunitaria in materia di contratti a tempo determinato negli Stati membri
dell’Unione Europea, ha dovuto prevedere che: “l’utilizzo dei contratti di
lavoro flessibile è consentito nei limiti previsti dall’articolo 36 del Decreto
Legislativo 30 marzo 2001 n. 165 e nel rispetto dei principi previsti dal
Decreto Legislativo 06 settembre 2001 n. 368”.
Di fatto, anche in conseguenza
del blocco del turn over nel pubblico
impiego, disposto dalle Leggi di stabilità degli ultimi anni, le
Pubbliche Amministrazioni ricadenti nel territorio della Regione e soprattutto
parecchi Enti Locali, hanno fatto sempre più frequentemente ricorso a rapporti
di lavoro flessibili a tempo determinato, per coprire le carenze delle proprie
dotazioni organiche, determinando, laddove la durata dei rapporti di lavoro si
sia ingiustificatamente protratta oltre 36 mesi, una distorsione dell’originaria ratio dei contratti a termine medesimi.
Pertanto, per aggirare il divieto legislativo di procedere a nuove assunzioni,
le Pubbliche Amministrazioni siciliane, hanno dovuto necessariamente utilizzare i contratti a tempo determinato, anche commettendo degli abusi secondo la disciplina comunitaria
vigente, per fronteggiare non già esigenze eccezionali e straordinarie, ma per esigenze stabili e continuative
relative all’attività di ordinaria amministrazione.
A tal proposito, la stessa Circolare Ministeriale 21 novembre 2013
n. 5 del Dipartimento della Funzione Pubblica, esplicativa dell’ultimo
intervento legislativo in ordine cronologico dello Stato rappresentato dal
Decreto Legge 31 agosto 2013 n. 101 (c.d.
Decreto D’Alia), evidenzia con
grande realismo il tema del precariato nel pubblico impiego come di seguito
testualmente riportato:
“ Non è superfluo evidenziare che
il tema del precariato è particolarmente emergente in quanto:
determina situazioni incompatibili con i
principi dell’articolo 97 della Costituzione che sono alla base
dell’organizzazione e del corretto funzionamento delle Amministrazioni
Pubbliche, ma anche con quelli dell’articolo 1 e 4 della Carta Costituzionale
che il datore di lavoro pubblico, ancor più di quello privato, ha l’obbligo da
rispettare;
favorisce il proliferare di
contenzioso che sempre più diffusamente vede le Amministrazioni Pubbliche
soccombenti. La giurisprudenza lavoristica di questi anni sentenzia nei confronti delle Amministrazioni
Pubbliche anche l’obbligo di conversione a tempo indeterminato del rapporto di
lavoro a tempo determinato che ha superato i 36 mesi, con un’applicazione
diretta dei principi che scaturiscono dall’Ordinamento comunitario in materia.
Tale obbligo di conversione, essendo statuito da sentenze immediatamente
esecutive, altera ogni controllo sulla spesa pubblica. Tale controllo è,
altresì, compromesso anche laddove i giudici del lavoro riconoscano la
specialità del lavoro pubblico e non sentenziano per la conversione del
rapporto di lavoro, condannando, nei casi di abuso nell’utilizzo dei contratti
a tempo determinato, le Pubbliche Amministrazioni al risarcimento del danno;
sono sempre più pressanti gli
effetti delle procedure di infrazione avviate, in sede comunitaria, nei
confronti dell’Italia per il fenomeno del precariato storico nella Pa;
si riflette sulla responsabilità
amministrativa e dirigenziale in caso di accertato utilizzo improprio del
lavoro flessibile, atteso, tra l’altro, che le Amministrazioni hanno l’obbligo
di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti
responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave;
si riflette, non da ultimo, sul
piano sociale e sulla dignità dei lavoratori.”
Ovviamente, quanto sopra
evidenziato nella premessa della Circolare
Ministeriale incentiva il pubblico dipendente precario ad avviare una
stagione di contenziosi di massa con
le Pubbliche Amministrazioni e soprattutto con gli Enti Locali, ricadenti nel
territorio della Regione Siciliana.
Oggi, dopo le ultime notizie che
arrivano dalla Corte di Giustizia Europea e rese pubbliche dal pool di avvocati che segue le vertenze di migliaia di precari della Pubblica
Amministrazione (avv. De Michele, avv. Ganci, avv. Miceli coordinati
dall’avv. Galleano), è venuto fuori chiaramente che lo Stato membro Italia ha violato sistematicamente la Direttiva Europea n. 70/1999/CE, in
materia di disciplina dei contratti a termine negli stati dell’Unione, in
quanto la Legislazione italiana e di conseguenza quella regionale vigenti in materia, negano le tutele effettive contro gli
abusi nell’utilizzazione dei contratti a tempo determinato alle dipendenze
degli Enti Pubblici, in particolar modo negli Enti Locali della Regione.
Alla luce di quanto sta accadendo
in Corte di Giustizia e dalle anticipazioni della stessa Circolare Ministeriale
del Ministro D’Alia, visto che lo Stato
tarda ad adeguare la Legislazione nazionale a quella comunitaria,
adducendo ragioni finanziarie che non possono essere assunte come
giustificazioni per aggirare le norme sovranazionali, spetterà al Giudice
nazionale fare rispettare il diritto comunitario ed applicare le relative
sanzioni, in caso di abuso nell’utilizzo dei contratti a tempo determinato
nella Pubblica Amministrazione. Il
Giudice nazionale ha l’obbligo di applicare integralmente il Diritto
dell’Unione disapplicando le disposizioni legislative eventualmente
contrastanti della Legge nazionale o interpretando le disposizioni nazionali in
modo da consentire l’attuazione del Diritto dell’Unione Europea.
Il ricorso ai contratti a tempo
determinato in maniera permanente e durevole (14 anni), da parte delle
Pubbliche Amministrazioni ricadenti nel territorio della Regione e in tantissimi
Enti Locali, viola la stessa
premessa dell’Accordo quadro sul contratto a tempo determinato, di cui alla
Direttiva n. 70/1999/CE, volto a favorire la costituzione di rapporti di lavoro
a tempo indeterminato.
Oggi, urge una soluzione definitiva sul precariato pubblico siciliano da
parte della Regione Siciliana, che non può più trincerarsi dietro
l’articolo 97 e l’articolo 117, comma 2, lett. l) della Costituzione, dietro la
disapplicazione in Sicilia della Direttiva n. 70/1999/CE, oppure alle
limitazioni statali del Decreto Legislativo 06 settembre 2001 n. 368, in
materia di pubblico impiego, in quanto getterebbe nella spirale del contenzioso
di massa, non solo i dipendenti precari, ma soprattutto parecchi Comuni ed
Istituzioni dell’Isola, con conseguenze catastrofiche.
Pertanto, urge avviare subito un serio dibattito politico che coinvolga
istituzioni regionali e locali, per poter arrivare ad una soluzione
definitiva dopo l’approvazione della Legge di stabilità regionale per il 2014, senza perciò aspettare che si arrivi di
nuovo all’ennesima proroga, in quanto per parecchi Comuni, Aziende, Istituzioni
regionali e comunque Pubbliche Amministrazioni siciliane, potrebbe spuntare la
non bella sorpresa che questa volta il manico del coltello potrebbe essere
precario!!
Dott. Gaetano Aiello
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Credo che la stabilizzazione per i lavoratori a tempo determinato negli Enti Locali in Sicilia sia molto vicina grazie alla Corte di Giustizia Europea
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