Il governo ha stabilito che i dipendenti pubblici non potranno guadagnare più del primo presidente della Corte di Cassazione. La Camera ha deciso che taglierà del 10% l'indennità dei vertici di Montecitorio. La pensione degli onorevoli sarà calcolata col sistema contributivo, abbandonando il criterio del vitalizio
ROMA. Manager di Stato e deputati: con un'azione congiunta del
governo da una parte e del Parlamento dall'altra arriva una sforbiciata ai costi della politica. L'esecutivo ha infatti approvato lo schema di provvedimento sui limiti massimi degli stipendi dei dipendenti pubblici, stabilendo che nessuno potrà superare il trattamento economico complessivo del primo Presidente della Corte di Cassazione.
Con il tetto agli stipendi dei manager arriva anche il taglio alle indennità dei vertici istituzionali: la Camera ha deciso che taglierà del 10% l'indennità del presidente Fini, dei vicepresidenti, dei questori, dei presidenti delle Commissioni parlamentari. E la stessa misura si appresta a prendere oggi anche il Senato.
Allo stesso modo viene deciso di avviare il nuovo regolamento che dal primo gennaio fa partire il calcolo della pensione dei parlamentari con il sistema contributivo, abbandonando il criterio del vitalizio. Un sistema che dovrà essere applicato anche ai dipendenti del Palazzo e che, per quanto riguarda Montecitorio comporterà un taglio apparente delle indennità di 1.300 euro. Un escamotage per evitare che i tagli ai costi della politica, con il conseguente adeguamento del trattamento pensionistico dei parlamentari a quello del resto degli italiani, determinassero invece che una riduzione un aumento dell'assegno mensile del deputato che sarebbe emerso a causa del diverso trattamento fiscale dei versamenti contributivi.
I deputati italiani, con una media dell'indennità parlamentare mensile di circa 5.000 euro (escluse le diarie giornaliere) a fronte dei 5.035 euro dei colleghi francesi, dei 5.110,31 tedeschi e, addirittura, dei 6.200 euro dei parlamentari europei. Una soluzione è infine stata individuata dal governo anche per quanto riguarda i dipendenti collocati fuori ruolo o in aspettativa retribuita presso altre pubbliche amministrazioni: le retribuzioni per l'incarico non potranno superare il 25% del loro trattamento economico fondamentale.
governo da una parte e del Parlamento dall'altra arriva una sforbiciata ai costi della politica. L'esecutivo ha infatti approvato lo schema di provvedimento sui limiti massimi degli stipendi dei dipendenti pubblici, stabilendo che nessuno potrà superare il trattamento economico complessivo del primo Presidente della Corte di Cassazione.
Con il tetto agli stipendi dei manager arriva anche il taglio alle indennità dei vertici istituzionali: la Camera ha deciso che taglierà del 10% l'indennità del presidente Fini, dei vicepresidenti, dei questori, dei presidenti delle Commissioni parlamentari. E la stessa misura si appresta a prendere oggi anche il Senato.
Allo stesso modo viene deciso di avviare il nuovo regolamento che dal primo gennaio fa partire il calcolo della pensione dei parlamentari con il sistema contributivo, abbandonando il criterio del vitalizio. Un sistema che dovrà essere applicato anche ai dipendenti del Palazzo e che, per quanto riguarda Montecitorio comporterà un taglio apparente delle indennità di 1.300 euro. Un escamotage per evitare che i tagli ai costi della politica, con il conseguente adeguamento del trattamento pensionistico dei parlamentari a quello del resto degli italiani, determinassero invece che una riduzione un aumento dell'assegno mensile del deputato che sarebbe emerso a causa del diverso trattamento fiscale dei versamenti contributivi.
I deputati italiani, con una media dell'indennità parlamentare mensile di circa 5.000 euro (escluse le diarie giornaliere) a fronte dei 5.035 euro dei colleghi francesi, dei 5.110,31 tedeschi e, addirittura, dei 6.200 euro dei parlamentari europei. Una soluzione è infine stata individuata dal governo anche per quanto riguarda i dipendenti collocati fuori ruolo o in aspettativa retribuita presso altre pubbliche amministrazioni: le retribuzioni per l'incarico non potranno superare il 25% del loro trattamento economico fondamentale.
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