Cari
amici precari, nell’immaginario collettivo della categoria del
precariato
pubblico siciliano, per tanti
anni i politici e i sindacalisti di professione, hanno inculcato il
mito della proroga, che ogni anno arrivava sempre come la strenna
natalizia di Mamma Regione. Oggi,
scopriamo, con notevole disincanto che il meccanismo della proroga,
per fare degli esseri umani precari a vita e fonte costante di
reddito elettorale e sindacale, si è improvvisamente inceppato. Che
cosa è successo?
E’
successo che lo Stato membro Italia, oggetto di innumerevoli
procedure di infrazione da parte dell’Unione Europea, in materia di
abuso dei contratti a tempo determinato nel pubblico impiego, per
bloccare tali procedure sta cercando di limitare o comunque di
rendere più difficile l’applicazione della proroga dei contratti,
comprensivi di proroghe e rinnovi, oltre i 36 mesi. Inoltre, il
Governo, in un’ottica di razionalizzazione della spesa pubblica,
dall’accordo con il Sindacalismo tradizionale vorrebbe quindi
sacrificare i precari per garantire la solita nicchia dei lavoratori
stabili del pubblico impiego, con la promessa che questi non verranno
in futuro intaccati. Ma questo accordo tacito, nella realtà che
viviamo, chi lo può più garantire ai professionisti del Sindacato
tradizionale?
Appare
chiaro, a mio avviso, che la Legislazione comunitaria in materia si
applica anche ai contratti a tempo determinato disciplinati dalla
Legislazione regionale vigente, in quanto i contratti a termine
stipulati dagli Enti Locali e dagli Enti Pubblici ricadenti nel
territorio della Regione, hanno TUTTI
abbondantemente superato tra proroghe e
rinnovi per oltre 4 volte il limite massimo dei 36 mesi consentito
dalla Legge.
Il rischio,
dopo l’abbandono dei lavoratori da parte della politica regionale
e del Sindacalismo tradizionale, a meno che i precari non si
immettano in massa nei sindacati di base, è che si intraprenda un
contenzioso crescente,
con danni certamente maggiori per le Pubbliche Amministrazioni
siciliane e non, visto il continuo e costante aggiramento della
Direttiva 28
giugno 1999 n. 70/CE, che disciplina
il contratto a termine negli Stati membri dell’Unione Europea.
Pertanto,
alla luce di quanto evidenziato, a mio parere, il
Governo della Regione, deve prendere coscienza che il precariato
pubblico regionale rappresenta un eccezione nel panorama del pubblico
impiego italiano, continuamente e reiteratamente prorogato per troppi
anni, in costante violazione delle prescrizioni della Legislazione
comunitaria vigente in materia. Occorre oggi che questo Governo
dimostri la capacità politica necessaria, affinché venga
individuata una soluzione legislativa risolutiva, che tenga conto
dell’invarianza dei saldi di finanza pubblica, di un’ adeguata
soluzione con alla base una programmazione seria e responsabile,
dell’abuso perpetrato per tantissimi anni nei confronti di PUBBLICI
DIPENDENTI
che hanno fatto solo il loro dovere a servizio della Nazione, come
prevede la stessa Costituzione Repubblicana.
Per le
motivazioni testé menzionate appare urgentissimo affrontare
seriamente un problema eccezionale inventando anche soluzioni
eccezionali. Nello specifico si evidenziano le seguenti proposte:
1.
salvaguardia
dei livelli occupazionali esistenti e raggiunti dai lavoratori
precari, che hanno garantito l’erogazione dei servizi in tantissime
Istituzioni pubbliche, mediante la trasformazione dei contratti di
lavoro in essere da tempo determinato a tempo indeterminato, in virtù
dell’applicazione della Legislazione comunitaria vigente, nel
semplice presupposto che tali trasformazioni non costituiscono
aggravi dei saldi di finanza pubblica.
In definitiva, le stabilizzazioni non costituiscono per le PP. AA.
che le avviano delle nuove assunzioni, per il semplice fatto che i
lavoratori precari sono già inseriti nelle dotazioni organiche di
fatto degli Enti, in quanto sono riportati nella consistenza organica
delle PP. AA. A tal proposito si evidenzia che i lavoratori a termine
del pubblico impiego sono conteggiati nei dati relativi agli organici
degli Enti e trasmessi annualmente, in sede di Conto Annuale sul
costo del lavoro pubblico, alla Ragioneria Generale dello Stato;
2.
storicizzazione del finanziamento che la Regione trasferisce agli
Enti per il mantenimento dei contratti in essere con misura
decrescente a seguito dei pensionamenti che interverranno nei
prossimi 10 anni;
3.
rispetto assoluto, visto che siamo in regime di razionalizzazione
della spesa, del principio di riduzione della spesa pubblica,
prevedendo la stessa previsione di spesa dell’anno precedente per
finanziare tutte le misure di fuoriuscita dal precariato disciplinate
dalla Legislazione regionale vigente;
4.
autorizzare gli Enti a collocare in soprannumero o comunque fuori
ruolo il personale precario che rimane fuori dalle dotazioni
organiche, come già avvenuto in
passato come soluzione eccezionale ed irripetibile;
5.
adottare il Programma regionale di Stabilizzazione per i lavoratori
socialmente utili (ASU) come dispone la Legislazione regionale
vigente ed estendere i benefici della Legislazione regionale per i
dipendenti a termine anche ai lavoratori socialmente utili, per un
motivo di giustizia sociale. Infatti
anche questi lavoratori, considerati dalla Legge inoccupati, da tanti
anni perseguono finalità pubbliche lavorando ed offrendo la loro
competenza e professionalità alle Amministrazioni siciliane, senza
avere in cambio, alcun riconoscimento giuridico. Questo modo di
operare di un Regione costituisce, a mio avvio, un doppio abuso di
Stato, in quanto è lo Stato stesso, che con il proprio
comportamento, favorisce una sorta di lavoro nero nel pubblico
impiego, camuffandolo con il solito sussidio;
6.
adottare nella Legislazione una misura di buon senso per non
disperdere l’eccezionale esperienza e professionalità di un
personale competente e preparato, sfiancato negli anni dal
comportamento delle Pubbliche Amministrazioni siciliane che non hanno
mai preso sul serio la loro stabilizzazione e dal comportamento
duale del Sindacalismo tradizionale, che non ha saputo parlare la
lingua del Contratto Collettivo in modo uniforme per tutti i
lavoratori del pubblico impiego, precari e personale di ruolo.
Tali
suggerimenti, a mio parere, sono dettati dal buon senso e
dall’eccezionalità della situazione lavorativa nel pubblico
impiego che stiamo vivendo e mi auguro di cuore che il Governo e il
Parlamento Siciliano, mettano da parte le loro beghe politiche per
affrontare, ovviamente con le competenze illuminate che questa nostra
Regione possiede in abbondanza ma che troppo spesso non considera,
una serie di punti fermi per dare risposte a persone in carne ed
ossa. I punti
qualificati dove bisogna insistere sono:
a.
il contingente
unico regionale dei lavoratori precari,
titolari di contratti di diritto privato a tempo determinato,
stipulati ai sensi e per gli effetti della Legislazione regionale
vigente in materia, che hanno superato tra proroghe e rinnovi almeno
36 mesi di rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione;
b.
la ricognizione
delle disponibilità in organico
di tutti gli Enti Pubblici della Regione Siciliana dei posti
disponibili ad essere occupati definitivamente dai pubblici
dipendenti precari, in quanto già occupati in modo permanente da 13
anni dagli stessi lavoratori, in violazione alla temporaneità ed
eccezionalità prevista dalla Legislazione comunitaria vigente in
materia e che vincola gli Stati membri dell’Unione Europea, Italia
compresa;
c.
il divieto
assoluto di nuove assunzioni
negli Enti che hanno un numero di dipendenti pubblici precari che già
coprono da 13 anni le carenze croniche di organico;
d.
l’istituzione
del ruolo soprannumerario,
dove collocare i dipendenti pubblici precari che rimangono fuori
dalle dotazioni organiche degli Enti, in possesso delle capacità,
competenze e professionalità necessaria per ricoprire le mansioni
espletate;
e.
istituzione
di un bacino unico regionale dei lavoratori socialmente utili (ASU)
attraverso l’applicazione del Programma regionale di
stabilizzazione. Estendere tutte le misure di fuoriuscita dal
precariato già previste per i dipendenti pubblici precari anche agli
ASU;
f.
finanziare
tutte le misure e gli interventi legislativi risolutivi senza
alterare gli equilibri dei saldi di finanza pubblica, mantenendo i
livelli occupazionali raggiunti e garantendo le stesse risorse
finanziarie del 2013.
Queste sono
proposte per affrontare in modo diverso dall’attuale la situazione
eccezionale e straordinaria che stiamo vivendo in Sicilia. Se
qualche politico navigato o sindacalista professionista di lungo
corso pensa di affrontare questo fenomeno, creato dallo Stato stesso
e da tutte le sue articolazioni istituzionali, con soluzioni
ordinarie, non risolverà un bel nulla e continuerà a perpetrare il
danno a discapito dei dipendenti pubblici precari.
Se invece a cominciare dal Governo della Regione si incomincerà,
finalmente, ad inquadrare il fenomeno per quello che è, forse
cominceremo a discutere seriamente di come risolverlo. Sicuramente,
mandare a casa le persone, solo per risparmiare e ampliare gli
sprechi istituzionali siciliani, non è una soluzione sostenibile.
Allo stesso modo non è più sostenibile lavorare, come invece si sta
facendo dentro le Istituzioni regionali, per la solita proroga voluta
dalla politica delegittimata e dal sindacalismo tradizionale che
altro non sono che un posticipo del problema, per continuare a
mantenere dei pubblici dipendenti sempre e sotto un costante ricatto
ad ogni rinnovo.
In
definitiva, al punto in cui siamo arrivati, fortunatamente, di non
ritorno, bisogna capire da che parte sta oggi il pubblico dipendente
precario. Sinceramente,
che cosa deve ancora accadere, affinché il pubblico dipendente a
termine delle PP. AA. siciliane irrompa nello sterile dibattito
politico regionale sul precariato pubblico pretendendo
una
soluzione concreta al fenomeno, non lo so.
So solo
che oggi il pubblico dipendente precario ha il proprio destino nelle
sue mani. Basterebbe soltanto non farselo scippare dai cattivi
maestri di sventura che fino ad oggi lo hanno sistematicamente
raggirato solo per tenerselo buono e docile.
Cari
amici precari è giunto il momento di fare la differenza: fatevi
rispettare da un Governo sordo, un Parlamento litigioso e da un
sindacalismo tradizionale duale e inconcludente.
Dott. Gaetano Aiello
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