giovedì 7 marzo 2013

Il fenomeno del precariato negli Enti Locali della Regione Siciliana alla luce della costante disinformazione dell’opinione pubblica siciliana in materia.

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In relazione agli ultimi articoli di stampa divulgati sul bacino del precariato pubblico della Regione e degli Enti Locali la presente riflessione ha l’obiettivo di ristabilire la verità storica sul fenomeno del precariato pubblico in Sicilia. In particolare sull’articolo “Per crescere, precari alle opere pubbliche”, l’autore descrive la Sicilia come una Regione immobile, in mano a Presidenti e Giunte irresponsabili che negli ultimi anni hanno tenuto nel sacco deputati e dirigenza. Chiama in causa il Presidente della Regione Crocetta affinché metta in moto la macchina della crescita e l’Assessore all’Economia Luca Bianchi, che deve inventarsi chissà quali diavolerie per fare quadrare i conti in rosso della Regione. Secondo l’autore uno dei punti dolenti del Bilancio della Regione Siciliana riguarda migliaia di lavoratori precari della Regione e degli Enti Locali che aspirano a diventare dipendenti in pianta stabile. E ancora, nell’articolo si parla dell’opinione pubblica siciliana, la quale ha ben chiaro come questi precari sono entrati nella PA attraverso la raccomandazione, senza un regolare concorso, ai sensi dell’art. 97 della Costituzione. I precari, sempre secondo l’autore, sono andati avanti lasciandosi alle spalle oltre 240.000 disoccupati, i quali senza raccomandazione non sono riusciti ad entrare nella PA.
A tal proposito occorre evidenziare, a mio avviso, la scarsa conoscenza del fenomeno da parte dell’autore, in quanto bisognerebbe capire chi è entrato, a partire dagli anni Cinquanta, in Regione e negli Enti Locali con un regolare concorso pubblico, oppure guardare in faccia la realtà dei quadri dirigenti e dei dipendenti di ruolo di tutti gli Enti Pubblici presenti in Sicilia, stabilizzati TUTTI attraverso legislazioni di favore e comunque sul precariato, che con il merito e la capacità hanno avuto ben poco a che fare. Almeno i precari che oggi calcano le PP. AA siciliane hanno un’istruzione medio alta, a differenza dei predecessori che costituiscono l’asse dei dipendenti di ruolo degli Enti e con un bagaglio culturale e tecnico medio basso.
Che cosa succederebbe, nelle nostre PP. AA siciliane, se tutti i precari ritornassero indietro, miscelandosi con tutti i disoccupati per partecipare ai concorsi pubblici? Sicuramente perderemmo la parte più qualificata della PA siciliana, quella più clientelare, raccomandata, ostaggio dei partiti e dei politici. Bisognerebbe chiedersi con l’autore del testo, quanti soggetti, a partire dagli anni Cinquanta, sono stati assunti nella P. A. siciliana con regolare concorso e senza raccomandazione? Ricordiamoci che viviamo in Sicilia e la raccomandazione rappresenta la regola mentre il merito dei precari l’eccezione, per cui siamo bravissimi a capovolgere anche la realtà. Per tali motivazioni è utile affrontare l’argomento, senza i soliti luoghi comuni ma con l’analisi seria del fenomeno.
Il bacino del precariato nella Pubblica Amministrazione ed in Sicilia in modo particolare è stato disciplinato dal nostro Ordinamento con una serie di norme che a partire dagli anni cinquanta e sessanta hanno previsto forme di stabilizzazione di massa dei lavoratori avventizi e precari in servizio in quasi tutti gli enti pubblici della Regione Siciliana, Enti Locali compresi ( in materia si possono citare alcuni riferimenti legislativi regionali: L. R. 28.11.1952 n. 54, L. R. 13.05.1953 n. 34, L. R. 26.04.1955 n. 38, L. R. 07.05.1958 n. 14, L. R. 15.03.1963 n. 16 ).
Naturalmente non possono essere quantificati i soggetti interessati dai provvedimenti in quanto gli Enti non hanno fornito negli anni dati precisi.
Negli anni 50 e 60 avvengono quindi (Continua... fai clic su VEDI TUTTO L'ARTICOLO)
le prime forme di stabilizzazione di lavoratori avventizi e precari degli Enti Locali che sino allora li avevano utilizzati, addirittura senza alcuna adeguata retribuzione.
Il precariato pubblico in Sicilia comprende un’insieme molto ampio ed articolato di soggetti destinatari delle numerose misure di intervento introdotte nell’Ordinamento negli anni dal Legislatore nazionale e da quello regionale.
Negli anni, oramai da più di 40 anni, per aggirare il blocco delle assunzioni imposto dalle Leggi Finanziarie gli Enti Locali Siciliani, ma anche la Regione stessa hanno fatto un uso abnorme delle assunzioni precarie a tempo determinato.
Nel corso dell’anno 1977 veniva emanata la Legge 01.06.1977 n. 285, meglio nota come < Provvedimenti per l’occupazione giovanile >, prevista allo scopo di incentivare un impiego straordinario di giovani privi di occupazione in attività e servizi socialmente utili ( è la prima forma in Italia dei LSU ), recepita ed integrata dalla Regione Siciliana con la L. R. 18.08.1978 n. 37, avente per oggetto < Norme regionali integrative della Legge 01.06.1977 n. 285 >.
La Legge finanziava programmi regionali di lavoro produttivo per opere e servizi socialmente utili e promuoveva la costituzione di cooperative di produzione e lavoro, stanziando delle risorse finanziarie per il 1977 e per i tre anni successivi.
Pertanto, presso le Sezioni di collocamento veniva istituita una lista speciale nella quale si potevano iscrivere i giovani non occupati, residenti nel Comune. La Legge in esame consentiva alle Amministrazioni Locali di predisporre dei programmi di servizi nei settori dei beni culturali e ambientali, patrimonio, forestale, difesa del suolo e censimento delle terre incolte, turismo e altri servizi in genere. Le Amministrazioni e gli enti responsabili dell’attuazione dei progetti dovevano presentare alla sezione di collocamento competente per territorio la richiesta numerica dei giovani iscritti nelle liste speciali di età compresa tra i 18 e i 29 anni per essere utilizzati nell’attuazione dei progetti medesimi, con l’indicazione delle qualifiche richieste.
In Sicilia la Legge 01.06.1977 n. 285, come già affermato, veniva integrata nel 1978 con la L. R. 18.08.1978 n. 37, ampliando i settori nei quali si poteva intervenire con la Legge dello Stato. Venivano così costituite numerose cooperative ed avviati numerosi progetti e, naturalmente le nostre Istituzioni Regionali e le forze politiche che li governavano si posero subito il problema della stabilizzazione del precariato, come già era avvenuto negli anni sessanta con gli avventizi e i salariati.
La stabilizzazione in Italia avveniva con il D. L. 30.12.1979 n. 663, convertito con modificazioni in Legge 29.02.1980 n. 33. Successivamente, la Legge 06.02.1981 n. 21 previde la proroga dei contratti stipulati dalle Pubbliche Amministrazioni, in particolare dai Comuni, ai sensi della Legge 01.06.1977 n. 285, sino all’espletamento di esami di idoneità da parte delle stesse Amministrazioni.
La stabilizzazione in Sicilia avveniva con la L. R. 02.12.1980 n. 125, avente per oggetto < Provvedimenti per l’inserimento delle giovani leve del lavoro nella pubblica amministrazione e nelle attività produttive e sociali >, attraverso un’ esame di idoneità e come era già avvenuto per lo Stato, successivamente per coloro che non avevano superato l’esame di idoneità veniva svolta una sessione suppletiva per l’immissione in servizio nella qualifica iniziale della carriera immediatamente inferiore a quella per la quale non avevano superato l’esame di idoneità.
L’esame di idoneità veniva esteso a tutti coloro che erano stati chiamati, per almeno 4 mesi, a sostituire esclusivamente soci assenti per il servizio militare obbligatorio o per gravidanza, per dimissioni volontarie o per decesso ( ipotesi estese con L. R. 09.05.1986 n. 21 ). I giovani che non trovavano posto nei ruoli organici delle Amministrazioni Locali dovevano essere inquadrati in soprannumero con l’obbligo di riassorbimento nella pianta organica ( oggi Dotazione organica dopo l’entrata in vigore delle Legge 15.05.1997 n. 127 ), essendo nel frattempo stabilito il divieto di nuove assunzioni sino al totale riassorbimento del personale soprannumerario.
Anche questa forma di stabilizzazione che in Sicilia ha riguardato migliaia di giovani si è quindi risolta in una pura formalità essendo i precari stati assunti tutti a tempo indeterminato ( di ruolo o soprannumerari ), con conseguente aggravio dei costi per il personale assunto, stimabile in circa 65.000 unità in tutti gli enti che hanno utilizzato le agevolazioni previste dalla legislazione nazionale e regionale vigente in materia.
La Regione Siciliana è intervenuta con altre norme in materia di seguito elencate:
a) L. R. 06.05.1981 n. 88. Norme per l’applicazione in Sicilia del D. L. 27.05.1980 n. 153, convertito in Legge 07.07.1980 n. 299, concernete norme per l’attività gestionale e finanziaria degli enti locali per l’anno 1980. Norme concernenti particolari posizioni lavorative esistenti presso la pubblica amministrazione e presso enti pubblici;
b) L. R. 29.12.1981 n. 171. Modifiche ed integrazioni alla legislazione regionale sull’inserimento delle giovani leve di lavoro nella pubblica amministrazione;
c) L. R. 13.03.1982 n. 6. Norme integrative della legislazione regionale in materia di occupazione giovanile;
d) L . R. 02.08.1982 n. 79. Nuovi provvedimenti per l’utilizzazione delle giovani leve del lavoro nella pubblica amministrazione;
e) L. R. 30.05.1983 n. 32. Norme finanziarie per l’occupazione giovanile e modifiche ed integrazioni alla L. R. 02.12.1980 n. 125;
f) L. R. 19.01.1984 n. 3. Disposizioni integrative ed urgenti per l’inserimento delle giovani leve del lavoro nella pubblica amministrazione;
g) L. R. 11.01.1985 n. 15. Assunzione a carico della Regione delle spese dei consorzi provinciali per l’istruzione tecnica e altre norme sull’occupazione giovanile;
h) L. R. 25.10.1985 n. 39. Sistemazione in ruolo del personale risultato idoneo agli esami di cui alla L. R. 02.12.1980 n. 125 e s. m. i. nonché del personale di cui all’art. 5 della L. R. 30.01.1981 n. 8.
Dopo questa infornata generalizzata di giovani avventizi e precari, che avevano riempito le dotazioni organiche degli Enti Locali, il Legislatore mise in campo altri strumenti normativi per creare un’ulteriore bacino di precariato pubblico, non curante dei richiami della Corte dei Conti come già avvenuto per tutte le altre stabilizzazioni di lavoratori precari realizzate sin dagli anni cinquanta.
Un’ulteriore inserimento di giovani leve o precari negli Enti Locali della Regione è stata rappresentata dall’assunzione di personale tecnico con la L. R. 10.08.1985 n. 37, mediante contratto a tempo determinato di durata non superiore ad un biennio non rinnovabile, che doveva definire tutte le pratiche di sanatoria edilizia dei Comuni siciliani , secondo le disposizioni delle L. R. 15.05.1986 n. 26.
Con la L. R. 12.01.1993 n. 9, all’art 1 la Regione autorizzava i Comuni a trasformare il rapporto di lavoro istaurato con i tecnici in rapporto di lavoro a tempo indeterminato ( in questo modo sono stati assunti in Sicilia circa 4000 persone negli Enti Locali).
Un’ulteriore consistente immissione di precari è avvenuta a seguito dell’entrata in vigore della Legge 11.03.1988 n. 67, la quale, all’art. 23, prevedeva per il triennio 1988-1990 il finanziamento, nei territori del Mezzogiorno, di progetti di pubblica utilità mediante l’impiego, per un periodo di 12 mesi , di giovani inoccupati di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni ( c.d. PUC ).
Con la L. R. 21.09.1990 n. 36, il Legislatore regionale interviene integrando la normativa dello Stato e ampliando i settori dei lavori di pubblica utilità ( PUC ), in materia di custodia, tutela e manutenzione impianti e uffici pubblici, assistenza sociale e servizi informatici.
In seguito, con la L. R. 15.05.1991 n. 27, è stata consentita dal Legislatore la proroga dei progetti sino al 31.12.1993, mentre ulteriori proroghe dei soggetti impegnati in attività di utilità collettiva sono state introdotte con la L. R. 01.09.1993 n. 25.
Nel 1995, con la L. R. 21.12.1995 n. 85, sono stati previsti interventi per l’inserimento lavorativo dei soggetti partecipanti in progetti di utilità collettiva di cui all’art. 23 della Legge 11.03.1988 n. 67.
In seguito, il Legislatore nazionale con il D. L. 01.10.1996 n. 510, convertito con modifiche dalla Legge 28.11.1996 n. 608, contenente < Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale >, interviene con una nuova legislazione.
Successivamente, con altri interventi legislativi, la Legge 24.06.1997 n. 196 e il D. Lgs 07.08.1997 n. 280 sono stati disciplinati i lavori di pubblica utilità, finanziati dal Fondo per l’occupazione da attuare nelle regioni meridionali.
Con il D. Lgs. 01.12.1997 n. 468, è stata definita la revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, definiti come le attività aventi ad oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva. Il Legislatore regionale, con la L. R. 23.01.1998 n. 3, nel dare attuazione alle citate disposizioni statali, oltre ad ampliare la platea dei lavoratori del < regime transitorio > , ha introdotto nuove forme di intervento per l’occupazione affidate agli Enti Locali.
Il periodo che va dal 1999 a tutti gli anni 2000 è stato principalmente dedicato al tentativo di porre fine all’istituto dei lavori socialmente utili con il passaggio definitivo dalla finalità di creazione di nuove opportunità occupazionali a quella del mero svuotamento del bacino del precariato.
Il D. Lgs. 28.02.2000 n. 81, ha previsto ulteriori opportunità occupazionali stabili mediante un articolato sistema di incentivi costituiti da contributi per l’assunzione a tempo indeterminato. La L. R. 26.11.2000 n.24, recepisce ed integra la legislazione statale promuovendo le misure di fuoriuscita dal bacino LSU.
Tali leggi hanno utilizzato diversi strumenti, quali la concessione di un sostegno finanziario per la fuoriuscita dal bacino dei lavoratori socialmente utili, la previsione di proroghe per il loro utilizzo. In merito sono indicate 2 norme :
a) la L. R. 03.12.2003 n. 20, art 39 per la proroga dei contratti di diritto privato;
b) la L. R. 29.12.2003 n. 21, art 25 per contratti quinquennali di diritto privato, contratti di collaborazione coordinata e continuativa e lavori a progetto, assunzioni presso la Pubblica Amministrazione .
Il Legislatore regionale, per l’ordinata gestione delle misure relative al bacino del precariato, con la L. R. 28.12.2004 n. 17, istituisce il Fondo unico del precariato per finanziare tutti gli interventi previsti dalla legislazione regionale in materia.
Con la L. R. 14.04.2006 n. 16 sono state introdotte disposizioni organiche per la stabilizzazione del personale precario proveniente dal regime transitorio dei LSU.
Ultimamente, con la L. R. 29.12.2010 n. 24 e la L. R. 12.08.2011 n. 20 sono state adottate dal Legislatore regionale misure per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari dei soggetti in possesso dei requisiti previsti dalla legislazione vigente in materia.
Il Legislatore regionale in materia ha recepito ed integrato le segg. norme statali:
a) la Legge 27.12.2006 n. 296, art. 1 commi 558 e 562;
b) la Legge 24.12.2007 n. 244 art. 3 Comma 90;
c) il D. L.01.07.2009 n. 78, convertito con modifiche in Legge 03.08.2009 n. 102, art 17 commi 10, 11, 12, 13 e 26;
d) in forma dinamica l’art. 1 comma 401 della Legge 24.12.2012 n. 228.
Tali norme consentono la prosecuzione dei contratti di diritto privato a tempo determinato degli appartenenti al regime transitorio dei lavori socialmente utili per il tempo necessario al completamento del processo di stabilizzazione. Il Legislatore regionale ha disciplinato le procedure di stabilizzazione per la definitiva trasformazione degli attuali rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato.
In particolare, si evidenzia che il Legislatore regionale, con tale norma si preoccupa di affrontare la peculiarità della realtà del fenomeno precariato in Sicilia per via della stabilizzazione del numeroso personale interessato e per il pieno rispetto dei principi generali di coordinamento di finanza pubblica.
La Legge regionale sembra possedere tutta una serie di norme volte a rendere compatibile con il rispetto dei parametri economico-finanziari la stabilizzazione del personale precario in servizio negli Enti Locali della Regione.
Inoltre per affrontare il principio costituzionale di selezione pubblica affermato dall’art. 97 della Costituzione, questo non viene messo in discussione dalla Legge Regionale in esame, per il semplice motivo che tale Legge non si pone in contrasto con la legislazione statale vigente in materia.
Il personale precario, da quasi venti anni in servizio negli Enti Locali, possiede tutte le caratteristiche e tutta l’esperienza professionale possibile per superare qualsiasi selezione pubblica che interessa la Pubblica Amministrazione, oltre a trasferire le risorse finanziarie messe a disposizione dalla Legge per gli Enti che stabilizzano personale precario in possesso dei requisiti di Legge.
In definitiva, la prima vera consistente immissione di lavoratori avventizi o precari degli Enti Locali della Regione Siciliana, non è avvenuta sicuramente con l’entrata in vigore dell’art. 23 della Legge 11.03.1988 n. 67 ( in Sicilia L. R. 21.09.1990 n. 36),come affermato dalla Deliberazione n. 108/2012/VSGO della Corte dei Conti Sezione di Controllo per la Regione Siciliana, bensì con norme nazionali e regionali che hanno visto la loro nascita negli anni 50 e hanno raggiunto il culmine negli anni 70 con la Legge 01.06.1977 n. 285 ( in Sicilia L. R. 18.08.1978 n. 37 ).
La problematica va affrontata per quello che è e non in modo demagogico e fuorviante dando sempre la colpa di quello che succede sempre e solo ai lavoratori precari, vittime ignote di un sistema clientelare al collasso, per trovare le giuste ed equilibrate soluzioni definitive.

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