E arrivano i nodi al pettine dei tagli imposti dal governo Monti…
Come sempre a pagarne il prezzo più caro è il sud Italia.
La Sicilia è una di quelle regioni che più ha usufruito di quelle figure precarie che hanno fatto, del mondo del lavoro nel nostro paese, una vera e propria jungla…senza diritti, senza prospettive…e troppo spesso senza le necessarie condizioni economiche per tutte quelle persone che non avevano scelte diverse…ma un’unica sola…cercare di lavorare anche se solo da precari.
Appena a marzo scorso la Corte dei Conti bocciava il tentativo della Regione Sicilia di regolarizzazione dei precari. “Non ci sono soldi” il refrain che ormai è divenuta la parola d’ordine di uno Stato che continua a difendere i privilegi dei pochi, che non sfiora con alcun provvedimento la corruzione e gli sprechi (se non con demagogiche ed inconcludenti dichiarazioni di impegni vaghi), ma che tocca nel cuore quella enorme fascia di persone che hanno cercato, in tutti gli anni successivi alla ignobile legge 30 (legge Marco Biagi), di riuscire a trovare un modo qualsiasi per poter lavorare.
Precisiamo…non c’è alcun merito da parte della Regione Sicilia che, comunque, ha tenuto migliaia di persone per svariati anni nella condizione di precario…ma l’aggravarsi della crisi e i segnali d’allarme per le poltrone dei politici nostrani a volte sono il volano per iniziative che, in tempi diversi, non si farebbero mai.
Il merito va a chi ha lavorato e sudato per pochi spiccioli al mese, ha dato il suo impegno nella speranza che un domani fosse riconosciuto…pensando, sicuramente a torto, di vivere in un paese in cui i sacrifici e il lavoro siano doveri-diritti da non poter ledere.
“Siamo obbligati ad occupare” dichiara Orazio Calì dello Slai cobas precari di Catania.
“La situazione in Sicilia è esplosiva. Sono 22.000 i precari che lavorano nella pubblica amministrazione…e molti da 23 anni. Chiediamo un incontro al prefetto per sbloccare una situazione che ci vedrà, se così stante, al 31 dicembre tutti disoccupati. Non abbiamo intenzione di fermarci. Ci giungono telefonate dalle altre province siciliane dove stanno avvenendo altre occupazioni. Non ci fermeremo sin quando non avremo risposte certe sul nostro futuro…stiamo preparando altre azioni, ancora più eclatanti, per costringere quelle istituzioni, che fanno finta di non sentirci, a trovare una soluzione a questa situazione.”
E così il 4 maggio alcuni precari di Catania hanno occupato la sede della Provincia.
L’occupazione va ad oltranza…nell’attesa che il prefetto, che in un primo momento ha rifiutato di incontrarli, torni sui suoi passi.
In tutta Italia migliaia di lavoratori stanno perdendo salario e futuro per una crisi che premia i padroni e affossa la vita delle famiglie di chi ha sempre lavorato.
Il diritto al lavoro è un diritto costituzionale che va difeso non solo da chi rischia di perderlo, ma anche da chi lo ha già perso o da chi ancora lo ha.
Spero che quanto accaduto a Catania inneschi l'effetto domino in tutti i Comunii Siciliani, sarebbe ora!
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