Nathan Gardels, direttore della rivista New Perspectives Quarterly (membro come Monti del think tank Berggruen Institute), al cui ultimo numero sul “ritorno della meritocrazia politica” hanno collaborato tra gli altri Tony Blair, Romano Prodi e Nouriel Roubini, ha affermato: “Si potranno avere giudizi diversi sulle singole riforme approvate dal governo italiano in quest’ultimo anno, ma il successo dell’esecutivo nell’opera di stabilizzazione finanziaria è innegabile. Perciò questo modello istituzionale sarà sempre più spesso replicato in altri paesi occidentali”. Altro che regime d’emergenza!
In questo senso, secondo Gardels, andrebbero reinterpretate le parole pronunciate da Monti a dicembre, l’invito a essere fieri perché “gli Stati Uniti stanno cercando di fare quello che l’Italia nel 2012 ha fatto – aveva detto nella conferenza stampa di fine anno l’ex presidente della Bocconi e membro di Bildelberg e Trilateral – Infatti il Congresso sta cercando un accordo bipartisan sul fiscal cliff, ma in Italia abbiamo fatto un accordo tri-partisan per fronteggiare l’emergenza finanziaria”.
Negli ultimi vent’anni abbiamo avuto come presidente del consiglio e poi come presidente della Repubblica un governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, e come premier Lamberto Dini, direttore generale della nostra Banca centrale, e ancora a capo del governo un grand commis di Stato come Romano Prodi. Abbiamo inoltre visto importanti magistrati fondare partiti politici, altri scendere nell’agone elettorale, inviare messaggi al popolo, usare i poteri di indagine e di custodia catutelare come strumento di intervento nelle vicende politiche nazionali. Da ultimo, la nomina a senatore a vita e presidente del Consiglio di un importante eurocrate, impegnato e accreditato da sempre nel sistema giuridico-finanziario creato dai vertici amministrativi dei Paesi aderenti all’Europa di Bruxelles: Mario Monti. Si può pertanto, parlare di “democrazia depoliticizzata”?
Forse. Però tutti i tecnocrati italiani “scesi (o saliti…) in politica”, si sono presto trasformati in leader di partito. Si guardi Monti con il suo rassemblement, che svestiti i panni del tecnico e propone oscillanti alleanze politiche al Pdl e al Pd, utilizzando, nei fatti, le formule più tradizionali della politique d’abord, la politica avanti tutto: dai “due forni” di andreottiana memoria sino al “potere di coalizione” di Bettino Craxi, che consentì al leader socialista di guidare il più longevo governo della prima Repubblica, dal 1983 al 1987, da posizioni di minoranza nell’alleanza con la Democrazia cristiana e le forze laiche.
D’altronde, per altri versi, Rosario Crocetta in Sicilia, sembra percorrere una parabola analoga: il suo movimento espressione della cosiddetta “società civile” e il suo governo infarcito di tecnici, si muovono, con la costituzione della lista de “Il megafono” al Senato, nella direzione di un chiaro politicismo, teso a sostituire a sinistra nella nostra Regione, l’attuale gruppo dirigente del Pd.
In questa prospettiva, la politica, con le “dure repliche della Storia” di cui parlava Marx citando Hegel, si prende la rivincita sulla tecnocrazia.
fonte: http://www.siciliainformazioni.com/sicilia-informazioni/33089/da-monti-a-crocetta-democrazia-politicizzata-o-rivincita-della-politica
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