Sei mesi fa è stato arrestato Massimo Ponzellini, manager dell’Impregilo e Presidente della Banca Popolare di Milano.
Ha servito i governi di tutti i colori, ricoprendo cariche prestigiose, ora però è indagato per aver concesso finanziamenti alle imprese in cambio di mazzette. Le aziende finite sotto la lente dei magistrati sono tante da Atlantis Bplus a Sisal, dal Gruppo Gavio a Capgemini, da Caltagirone ad Almaviva.
La BPM, l’istituto finanziario radicato sul territorio più ricco d’Italia, per statuto avrebbe dovuto finanziare le piccole e medie imprese, la forza vitale del Paese. Invece negli ultimi anni si sarebbe trasformata in bancomat per i politici e per alcuni imprenditori sempre grati a chi li finanzia, e che succhiano risorse pubbliche. Dall’inchiesta della Procura di Milano, però emerge anche la ragnatela di rapporti con la politica, da Calderoli a Bossi, dalla candidata alle primarie del Pdl, Santachè a La Russa, dalla Brambilla a Urso, da Marcello dell’Utri, a Silvio e Paolo Berlusconi, da Paolo Romani a Gianni Letta, ma anche con il Vaticano, di cui Ponzellini è uno dei consiglieri economici.
Soprattutto emergono i rapporti con l’attuale ministro dell’economia Vittorio Grilli, e con colui che ha tirato le fila dell’economia del nostro Paese nell’ultimo ventennio: Giulio Tremonti e il suo consigliere politico Marco Milanese. Alla fine dall’inchiesta di Report curata da Sigfrido Ranucci si definisce un Paese soffocato dalle lobby che arrivano addirittura a mettere a rischio il funzionamento delle istituzioni più prestigiose. E ora in mano a chi è andata BPM?
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