Perdere il lavoro più volte o restarne senza per lunghi periodi aumenta il rischio di ammalarsi di patologie cardiache e di essere colpiti da infarto.
La precarietà lavorativa, oltre ad annullare qualsiasi possibilità progettuale per il futuro, influisce negativamente anche sulla salute del cuore, con conseguenze inaspettatamente molto gravi.
Lo hanno scoperto un gruppo di ricercatori della Duke University, Stati Uniti, analizzando un campione di 13mila soggetti di età compresa tra i 50 e i 60 anni, per un periodo di 20 anni.
I dati raccolti hanno mostrato che durante il primo anno di disoccupazione i casi di infarto erano aumentati del 27%, percentuale che saliva al 63% in coloro che erano state licenziati quattro o più volte.
Avere un’occupazione instabile o perdere più lavori aumentava dunque la possibilità di soffrire di patologie cardiache che facilmente sfociavano in un infarto.
La causa di tutto ciò risiede probabilmente nell’accumulo progressivo di stress e nell’aumento dell’insicurezza che derivano dalla perdita di lavoro o dal non poter contare su uno stabile. L’aspetto interessante della ricerca, pubblicata sulla rivista Archives of Internal Medicine, è che questa tendenza non è stata riscontrata in coloro che si erano dimessi dal lavoro volontariamente. Matthew Dupre, principale autore dello studio, ha così commentato i risultati raccolti:
“Il rischio maggiore di attacchi cardiaci è più alto durante il primo anno di disoccupazione, ma il mantenimento dello status di disoccupato, il numero di perdite di lavoro subite e il tempo trascorso senza una occupazione sono tutti risultati fattori associati all’aumento del rischio di infarto rispetto alle persone con una occupazione stabile”.
I dati raccolti hanno mostrato che durante il primo anno di disoccupazione i casi di infarto erano aumentati del 27%, percentuale che saliva al 63% in coloro che erano state licenziati quattro o più volte.
Avere un’occupazione instabile o perdere più lavori aumentava dunque la possibilità di soffrire di patologie cardiache che facilmente sfociavano in un infarto.
La causa di tutto ciò risiede probabilmente nell’accumulo progressivo di stress e nell’aumento dell’insicurezza che derivano dalla perdita di lavoro o dal non poter contare su uno stabile. L’aspetto interessante della ricerca, pubblicata sulla rivista Archives of Internal Medicine, è che questa tendenza non è stata riscontrata in coloro che si erano dimessi dal lavoro volontariamente. Matthew Dupre, principale autore dello studio, ha così commentato i risultati raccolti:
“Il rischio maggiore di attacchi cardiaci è più alto durante il primo anno di disoccupazione, ma il mantenimento dello status di disoccupato, il numero di perdite di lavoro subite e il tempo trascorso senza una occupazione sono tutti risultati fattori associati all’aumento del rischio di infarto rispetto alle persone con una occupazione stabile”.
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